MALVEDERE

MALVEDERE

 

 

 

di Rossella Monaco

 

Rientrata a casa dalle vacanze, percepisco qualcosa di insolito nel mio adorato terrazzo con vista. Il cervello ci mette un po’ a scorgere le differenze, trovare l’errore nei giochini enigmistici è affascinante per questo. Poi c’è l’omissione, se non mi aspetto una cosa posso non vederla, un po’ come per gli indiani d’America con le caravelle di Colombo. Nella percezione opposta: il vuoto riempito dall’abitudine. Continuo a vedere ciò che non c’è più. Forse a sognarlo. Infine il risveglio, la doccia fredda, la ghigliottina seriale è arrivata anche qui. Le lame lavorano giorno e notte, soprattutto durante le ferie. L’illusione ottica è svelata. Sono rimasta senza fiato.

 

 

 

I due maestosi Pini, protagonisti essenziali del mio “belvedere” non esistono più, cancellati. Vent’anni è durata la nostra liaison, vent’anni di intenso piacere visivo finiti per “mano” di una “sega” elettrica. Amputazione, linfa esplosa dal cuore lacerato, diluvio universale di lacrime. Ogni albero abbattuto è una sconfitta per l’intelligenza umana, così sopravvalutata.

Quei due Tesori affondavano le radici nel giardino delle suore della provvidenza (ma pensa) coltivato qualche isolato più in là di casa mia e io mi godevo ogni giorno i loro enormi ombrelli aghiformi, pieni di uccelli e di nidi. Erano pericolosi? No. Bastava prendersene cura, ma questo ha un costo e lo IOR non finanzia certo il “giardinaggio”.

Cosa importa poi se gli alberi ci salvano dalle tempeste, proteggendoci da crolli e distruzioni di palazzi, se allietano gli animi e sono portatori sani di ossigeno, se ne buttano giù continuamente, così fan tutti, strike.