STORIA DELLA PSICOLOGIA - LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT (I parte)

 LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT (I parte)

di Patrizia Mattioli

La nascita di questo movimento può essere fatta risalire al 1912 anno in cui Max Wertheimer (1880-1943) pubblicò il suo lavoro sul movimento stroboscopico.

La nuova scuola, denominata psicologia della Gestalt (o psicologia della forma) rifiutava completamente l'impostazione elementistica degli strutturalisti e i metodi che ne derivavano, portando avanti il discorso delle qualità gestalt, per le quali il tutto non può essere semplicemente la somma delle singole parti.

 

 

Max Wertheimer

 

Secondo l'impostazione strutturalista infatti non erano spiegabili i fenomeni di movimento apparente come ad esempio quello del movimento stroboscopico che è alla base del funzionamento del cinematografo (se due luci poste ad una certa distanza in una stanza buia si accendono alternativamente in maniera continua, esse vengono percepite da un osservatore non come due luci distinte che si accendono e si spengono, ma come un'unica luce che si muove da una parte all'altra), oppure la relazione che esiste tra le linee che compongono i lati di un triangolo: il soggetto che osserva non percepisce tre linee ma una "forma" con caratteristiche diverse rispetto alle linee che la compongono.

Gli elementi secondo i gestaltisti, si aggregano in una "forma" secondo principi precisi: secondo il principio della prossimità, per esempio, le parti che stanno tra loro vicine  (nel tempo o nello spazio), tendono ad essere percepite insieme. Nella fig. 1a, i quadratini sono visti come raggruppati in quattro file; secondo il principio della somiglianza le parti simili tendono ad essere percepite come se formassero un gruppo (fig. 1b), poiché i quadrati e le croci sembrano formare delle serie omogenee, percepiamo più facilmente file orizzontali piuttosto che verticali; secondo il principio della chiusura le figure incomplete tendono ad essere completate così nella fig. 1c percepiamo tre cerchi piuttosto che coppie di curve. 

Fig. 1