INTERVISTA AD ANGELA DI SANTE

INTERVISTA AD ANGELA DI SANTE

 

 

 

di Federica Bassetti

 

Angela Di Sante, protagonista accanto ad Antonello Coggiatti, autore e regista dello spettacolo “Punti di vista”, in scena al Cometa Off di Roma, è un’attrice mobile, abituata a memorizzare non solo i copioni, ma le mosse, i tratti fisici, le smorfie, i passi, danzanti e reattivi che ne fanno, a vederla, un caleidoscopio umano, una girandola di attimi profondi, com’è profondo e unico il teatro.

 

La incontro in un bar, ha i capelli legati e una grande giacca la avviluppa come una coperta lasciando scoperte solo le gambe. Mi stupisce la nettezza della sua voce che brilla in testa come la campanella della ricreazione a scuola, tintinnante come il cucchiaino che gira nella tazzina di caffè, una voce che non ha età e che mi anima, subito.

Il volto di giovane donna senza trucco che spiega per assurdo, per “un non so che” trapelante nella conversazione, la fenomenale fortuna dell’essere attori di professione, non tanto per gli applausi che si inseguono o per il breve divismo che sul palco si vive e che non sempre è lo scopo voluto, ma per l’attitudine - quando è sincera - all’umano gioco, alla vita che cambia improvvisamente tono, all’assurdità che circonda ognuno di noi e al lavoro dell’io o dei tanti io, che Proust contava a centinaia, e che, nell’accezione junghiana ,amano e inscenano trucco e travestimento per restare a galla.

Ma ciò avviene solo per tenere salva e protetta la nostra più profonda e segreta sostanza: anima, sé, spirito, come si vuole chiamarla.

Fin da bambina la Di Sante è dedita alla danza classica e dopo un diploma in recitazione presso la Scuola Internazionale di Teatro di Roma, si perfeziona presso la Scuola Europea per l’Arte dell’Attore di San Miniato e poi presso l’Accademia Silvio D’amico. Negli ultimi anni recita favole in cornice musicale all’Eliseo di Roma e la prima cosa che racconta è la sua storia di maestra di danza, le sue allieve bambine e la sua felicità nell’insegnare.

FB: «L’Angela Di Sante, che vediamo spesso in vesti cangianti all'Eliseo accanto all'orchestra Nuova Klassica, alle prese con le favole più note, è reduce stavolta da uno spettacolo un po' particolare. una prova a due, com’è prova continua la vita di coppia. Punti di vista, e sia! Quante volte un attore deve cambiarli? E l’attore ha un suo punto di vista?»

ADS: «L'attore, quando si prepara ad un nuovo lavoro, punti di vista non dovrebbe averne. L'ideale sarebbe predisporsi al testo teatrale come farebbe una tela bianca, seppure di buona qualità, dinanzi al proprio pittore. Pronta, elastica, disposta a restituire il colore e la forza delle pennellate con precisione e intensità. Capace di modificarsi fino all'ultimo e sovrapporre strati di emozioni che convivono.» 

 

FB: «Lo spettacolo poteva essere banale e non lo è stato, tratta infatti un argomento trito e ritrito ma in modo brillante e spiritoso; eppure salta fuori sempre la diversità uomo-donna: vuoi dirci qualcosa a riguardo?»

ADS: «Sicuramente non abbiamo raccontato nulla di nuovo, ma lo abbiamo fatto in modo semplice, ironico e privo di giudizio finale. Gli esseri umani, uomini o donne che siano, sono sempre diversi tra loro, ma se ci si mette nei panni dell'uno o dell'altro spesso viene fuori che le divergenze non sono poi così incomprensibili e si possono trovare punti di contatto. Mi viene da dire che mii capita spesso, negli spettacoli dedicati ai più giovani, di interpretare l’uomo e la cosa mi diverte molto. Cambiare sesso è quasi un’operazione magica sul palco e possono venir fuori tratti sorprendenti persino per me stessa.»

 

FB: «Che cosa vive l’attore ogni volta? Cosa gli accade?»

ADS: «Nulla. Si recita. È un lavoro che esce e che rientra. Forse spesso il polso è un po' accelerato...quello sì!»

 

FB: «Quante volte hai temuto che il tuo lavoro non fosse preso abbastanza sul serio?»

ADS: «In realtà non ho mai avuto timore di questo. Se avessi avuto davvero paura di non essere apprezzata, avrei smesso molto tempo fa. Spesso capita che chi non conosce il lavoro e il percorso che prepara al palcoscenico e alla interpretazione di un ruolo, si fermi a considerare quanto possa essere divertente fare questo mestiere. Eppure prima del divertimento (se c'è) esistono lo studio, la ricerca profonda, la sperimentazione, il sacrificio, la pazienza, il fallimento, fattori che bisogna sempre tenere in conto; e poi di nuovo lo studio e così via...fino a imboccare una via di credibilità e coerenza.»

 

FB: «Recitare e' forma d'arte e suprema, perché mette in gioco l'uomo, in carne ed ossa sul palco. Secondo te cosa si rappresenta ogni volta?»

ADS: «Allo stesso tempo un rito e un gioco, con le sue regole severe e magnifiche. Come nella vita.»

 

FB: «Ma c'e' qualcosa che Angela Di Sante si porta sempre dietro e che non cambia?»

ADS: «La sincerità in quello che faccio. Niente artefatti. L'essere umano ha stupefacenti capacità di adattamento. E con tutto l’amore che ho per il teatro e per la mia professione, immagino di poter vivere anche senza salire, di tanto in tanto, su un palcoscenico; per cui sono solita guardarmi intorno e trovare spunti teatrali ogni giorno, nel mondo.

Se torno indietro con la memoria però, ho di me il ricordo di una bimba il cui gioco preferito era inventare storie per calarsi nei panni di vari personaggi, per dar loro voce, movimento, cuore! I bambini amano moltissimo recitare e lo fanno con grande serietà. Crescendo alcuni continuano a farlo con saggezza e disincanto. Parlo della vita quotidiana, insomma. Altri scelgono invece un personaggio ed interpretano quasi sempre solo quello. Questo può essere un danno. »

FB: ««Danno o nevrosi, come le maschere che si indossano per non guardarsi. Maschere che nascondono imperfezioni e slanci, che cercano approvazione e applausi, finti … »

ADS: «Eh già … applausi finti. Capita anche a noi, a me, di “non sentire” il pubblico, a volte, di comprendere subito la sua freddezza, il distacco. L'emozione del pubblico è la vera risposta per un attore, perché il pubblico è il nostro tornasole. Spesso accade anche che l'applauso sia la reale ed unica  moneta che al termine di uno spettacolo ripaga l'impegno degli attori di tutto il lavoro fatto….poi però serve anche "la vera paga", che molti neanche considerano … come se si mangiasse aria. Parliamo di un mestiere come gli altri, giusto?»

FB: «Mi viene in mente un incontro che ebbi diversi anni fa con Monicelli. Lo intervistai a casa sua: era un uomo bassino, asciutto nella conversazione, quasi laconico. Mi disse che fare il regista non è un lavoro poi così speciale e che c’è chi scrive i testi, alle sue spalle. Insomma, il cinema, il teatro, sono officine del mistero umano, ma si lavora sodo anche lì e gli operai hanno i loro settori!»

ADS: «Sì, è così, rispetto e considerazione per tutti coloro che rendono possibile il palco, che poi sarà solcato dall’attore di turno! Colui che per sua natura muta e altera se stesso, camaleonte in ogni senso. Eppure vivere davvero e nel profondo la scena che si sta rappresentando è la cosa più difficile e importante e questo è quello che cerco ogni volta, nell’istante, nel “qui e adesso”! Certo, so di recitare e di apparire ma in realtà scivolo dentro me, non per perdermi però. Il trance è quanto mai pericoloso per un attore - un rischio che va assolutamente evitato. Mi è stato insegnato che l'attore, per poter svolgere davvero bene il proprio lavoro, debba sempre rimanere in contatto con se stesso. Ed io ascolto il mio respiro e so di dover basare tutto su quello. Il respiro è vita e il personaggio deve respirare a pieni polmoni l’aria della sala, se non vuole soffocare lo spettacolo! ».