MARY POPPINS

MARY POPPINS

Il Teatro Eliseo è con Mary Poppins

 

 

L’ingresso del teatro Eliseo, in Via Nazionale, a Roma

 

        di Federica Bassetti

 

Musiche Richard M. Sherman, Robert B. Sherman, Irwin Kostal

Adattamento e rielaborazione musicale Marcello Sirignano

Attrice Angela Di Sante

Scenografia multimediale Giampaolo Bertoncin

 Direttore d’orchestra Carlo Stoppoloni

 

Mary Poppins, al Teatro Eliseo di Roma, evento musicale e narrato proprio il giorno dell’Epifania, proposto ai più piccoli ma anche ai più nostalgici, diventa un piccolo fenomeno familiare, coinvolgente, allegro, sostenuto, grazie alla Orchestra Nuova Klassica diretta dal Maestro Stoppoloni, dalla colonna sonora di quello che è ormai da tempo un cult movie del cinema disneyano.  Un film che trasformò a suo tempo la più famosa e più richiesta governante al mondo, in un mito, sfruttando la grazia di Julie Andrews e la genialità del vecchio Walt e dei suoi collaboratori.

 

 

 

Julie Andrews nel film di Walt Disney “Mary Poppins” (1964)

 

Eppure, il libro scritto da Pamela Lyndon  Travers e che prevede anche una versione in cui Mary Poppins ritorna, è talmente denso di significati nascosti e celati in forma di simbolo, dietro le righe e dietro la fantasia degli ascoltatori, che se davvero di Mary narra, va oltre il personaggio e oltre la misura profondamente umana della “paidéia”. Infatti, il mito e rito della “crescita”, se è diretto alla persona, non è affatto e mai soltanto personale.

 

 

Pamela Lyndon Travers

 

Simbolo prezioso è persino un semplice ombrello, leggero come una piuma e una borsa profonda, cavo come la pancia di madre terra. Ombrello che fa da paracadute e forsanche protegge il volo, una volta spiccato non solo della Mary ideale ma anche e soprattutto del bambino, dalla pioggia di illusioni sbagliate e di turno.

 

 

Il volo di Mary Poppins nel film di Disney

 

L’altro simbolo è, poi, la borsa-scrigno, contenitore che tutto risolve, pozzo magico in cui unire il senso della vita al suo segreto assurdo, l’occhio pitonesco collegato direttamente alle viscere del sogno.

 

 

Walt Disney, nel 1946

 

Protagonista, la grande Poppins, di una storia che certo abbiamo amato da bambini, ma che andrebbe forse riletta in età matura, per evitare che un malgoverno interiore in forma di Super-ego conclamato scacci via da noi per sempre disciplina e gioco, due facce della stessa medaglia d’oro, pietra filosofale della crescita dell’uomo. Arriva dall’alto lei perché è nelle zone dello spirito che abita, pura come una metà dell’anima che ha, ma per cui deve avere anche coda di draghessa. E quindi fiuto la sana esistenza, com’è vero che Mary Poppins deve insegnare soprattutto il senso di una buona risata che fa perdere peso, la fantasia terrestre di una sana boschiva passeggiata, il contatto con la gente dell’umile strada, con chi lavora e segretamente collabora al rendimento della civiltà.

 

 

Un’altra immagine di Julie Andrews in Mary Poppins

 

Lo Spazzacamino ne sa qualcosa, ed è infatti alle porte del parco che l’educatrice con i due bambini lo incontra, ed è lui che lei sogna e rispetta, senza allusioni carnali per quel gentiluomo povero esteriormente ma ricchissimo dentro, uomo qualunque eppure signore, qualora conosca anche lui l’esistenza dell’ombrello e della borsa profonda che tutte le pozzanghere contiene.

Nella sua versione narrata e musicale al Teatro Eliseo, la poliedrica ed entusiasta Angela Di Sante è riuscita ad entrare ed uscire dalla storia con la leggerezza della trasformista, ballando, cantando su un testo adattato all’idea di una performance né troppo lunga né troppo identica alla storia filmata, perché narrata, in divenire e perché vissuta come gioco reale. Tra i protagonisti infatti, anche due piccoli scelti dal pubblico che seguono l’attrice per quasi tutto il tempo: lei  ne diviene, quindi, reale e non soltanto scenica, bambinaia.

 

 

Angela Di Sante protagonista di “Mary Poppins”, in scena all’Eliseo di Roma

 

E i bambini, grandi e piccini si dimostrano poi tra gli spettatori più curiosi e più attenti, seguono con passione ciò che accade sul palco, si interrogano a volte ad alta voce sulle movenze della scena, ridono, attendono le mosse di quello che già prevedono ma che non è mai come lo ricordano. Perché fortunatamente il teatro non è il cinema, sono cose diverse, esperienze che il bambino deve saper distinguere. E lì sul palco dell’Eliseo nulla appare statico né affettato, analogamente a quanto è già accaduto in novembre scorso, quando la Di Sante aveva agilmente inscenato “La carica dei 101”, sempre con la cornice musicale della Nuova Klassica. In quel caso, la protagonista aveva interpretato tante personalità mai confuse, tra scorribande di colori, costumi cambiati in pochi attimi, voci alte, basse e storpiate, generando figure che si toccano con mano.

Gioco sano d’attore, quello di vestire l’illusione, con disciplina, come insegna Mary Poppins, dominatrice e mai dominata dal suo talento di governante dell’anima!