INTERPRETAZIONE DI UN SOGNO D’ANGOSCIA

INTERPRETAZIONE DI UN SOGNO D’ANGOSCIA

 

 

L'incubo, (Johann Heinrich Füssli, olio su tela)

 

        di Francesco Frigione*

 

        Questo breve scritto esemplifica il mio approccio interpretativo al sogno in terapia.

Di fatto, ritengo la chiave di lettura del materiale onirico adottata in questo caso una tra le innumerevoli possibili; inoltre, la considero come la risultante di fattori la cui genesi è di ardua ricostruzione, non solo per l’estrema limitatezza del mio sguardo o dello sguardo della Coscienza tout court, quanto piuttosto per la condizione strutturale con cui ciascuno di noi impara a conoscere l’interiorità: noi diventiamo “soggetti” sia generando gli “oggetti mentali” (sensazioni, emozioni, idee ecc.) ai quali ci rapportiamo, sia essendo, contemporaneamente, generati da essi.

È la natura della dimensione complessuale in atto, infatti, a suggerirci il modo con cui riconoscere le immagini psichiche di quello stesso complesso affettivo. Soggetto e oggetto non preesistono l’uno all’altro, ma, a mio vedere, nascono congiuntamente durante l’azione e la riflessione, a cui l’urgenza attuale sospinge l’essere umano.

        Si tratta di un processo particolarmente evidente nell’analisi dei sogni.

 

 

Giardino delle Delizie Terrestri

(Hieronymus Bosch, trittico, pannello centrale, dettaglio)

 

Ne deriva che, se da una parte il lavoro interpretativo accresce la consapevolezza del soggetto - ovvero la sua libertà psichica -, dall’altra, nondimeno, esso svela il suo ineludibile rapporto con una Necessità che lo trascende e lo ricollega all’Altro da sé in tutte le sue forme. E per tale motivo, più l’individuo o il gruppo si “soggettivizzano” nel loro rapporto con il mondo dell’interiorità e più si sensibilizzano al loro legame con specifici esseri umani, con la natura, con la società, con la cultura e la storia.

Quel che accade nella dialettica della relazione terapeutica è che, nella misura in cui il paziente consegna lo scettro della conoscenza all’analista lo fa per indirizzarlo verso la propria “verità”, verso il proprio daimon dai contorni, al momento, ancora incerti e misconosciuti, e paventa da un lato che la verità dell’anima affiori lasciandolo senza difese e dall’altro che essa venga nuovamente accantonata e tradita.

 

 

Mito platonico di Er (La Repubblica): Le Moire Cloto e Lachesi tessono il filo del fato. La Moira Atropo siede nell'attesa inesorabile di reciderlo – Un filo d’oro (John Strudwick, olio su tela)

 

È naturale, quindi, che il lavoro terapeutico sul sogno susciti paure nel paziente in merito a possibili manipolazioni della propria personalità e che ciò dia luogo alla più ampia gamma di quelle che Freud chiamò “resistenze”. Queste, sovente, arrivano a spossare l’analista e a offuscarne le capacità di comprensione, tanto da ostacolare la propria indagine in favore del paziente.

Eppure, se, malgrado le difficoltà, il terapeuta riesce ad espletare fino in fondo il suo compito, di rado la distruttività del paziente eccede la sua soddisfazione per essere stato intimamente riconosciuto e, in tal modo, autorizzato a sua volta a riconoscersi per quel che è o che si appresta a divenire, aldilà del proprio e altrui pregiudizio.

 

***

 

 

Il sogno (Henri Rousseau, detto “Il Doganiere”)

 

Con la paziente della quale riporterò l’elaborato incubo nelle pagine seguenti la collaborazione risultò, invece, piena sin dall’inizio del lavoro interpretativo: sebbene le emozioni affioranti dall’Inconscio minacciassero prepotentemente l’Io della donna, tuttavia la sua lucidità e il suo coraggio furono ammirevoli e mi aiutarono a darle una mano in quel frangente così critico della vita.

 

 

Alfeo e Aretusa (Carlo Maratta)

 

All’epoca del resoconto onirico eravamo giunti al secondo anno di un’analisi e la paziente aveva quasi cinquant’anni. Era una donna colta, raffinata e attraente. Lei stessa, in maniera sottile, si gratificava di esercitare un certo fascino sul genere maschile, quantunque non fosse disponibile a lasciarsi trascinare in storie sentimentali coinvolgenti, né in flirt occasionali. Non senza una ruvida arroganza, giudicava sia le prime che i secondi realtà totalmente anacronistiche per lei.

Si sentiva, in effetti, ancora gravemente segnata dal fallimento del suo secondo matrimonio e da altre vicende tristi ad esso connesse che l’avevano indotta, cinque anni prima, a lasciare una grande città dell’Italia settentrionale e a scegliere come dimora un incantevole paesino marino del Sud. Qui, aveva continuato a dedicarsi al lavoro di traduttrice letteraria dal tedesco, alle buone letture, a un certo regime salutista e a qualche rada frequentazione amicale. Vedeva, inoltre, di rado i suoi figli, un maschio e una femmina, che lavoravano all’estero, quando questi la passavano a trovare.

In definitiva, l’ampiezza del proprio orizzonte esistenziale si era drasticamente ridotta con la conclusione del matrimonio e con il cambio di residenza. È plausibile che non avrebbe mai fatto richiesta del mio aiuto se, negli ultimi tempi, non fosse stata sempre più vessata da un micidiale combinato di sintomi ossessivi e d’improvvise e incontrollabili “colate” d’immagini scaturenti dall’ Inconscio; queste la sopraffacevano nei momenti di maggior debolezza dell’Io (quando, ad esempio, predominava la stanchezza fisica procuratale dal lavoro, o quando subiva una frustrazione emotiva, del cui peso effettivo sul proprio animo aveva scarsissima consapevolezza). Tutto ciò s’inseriva in una evidente cornice depressiva, caratterizzata da un progressivo abbassarsi della carica vitale.

 

 

Veduta panoramica di una località tirrenica del Sud Italia

 

Eppure, un simile quadro di chiusura e fragilità strideva con un dettaglio sul quale spesso tornava, incidentalmente, durante i nostri incontri: il racconto, quasi trepido, del piacere provato nell’affacciarsi ogni mattina dal terrazzino di casa per curare gli amati fiori e scrutare la distesa cobalto del Mare Tirreno.

 La mia paziente era nata ad Amburgo da genitori tedeschi, trasferitisi in Italia quando lei e i fratelli erano ancora piccoli. Lei aveva sempre identificato la propria famiglia, urbana, compita, all’apparenza serena, come un luogo dove i rapporti scorrevano fluidi, ma soltanto in quanto obbedivano a un formalismo tanto superficiale da potersi definire fatuo. Ne derivava che varie scelte della sua vita giovanile e adulta erano andate proprio in direzione opposta: alla ricerca, cioè, della rottura di ogni schema di blanda rassicurazione. Aveva, per tale motivo, più volte pagato con bruciante sofferenza la propria determinazione esistenziale.

 

 

Amburgo, visione notturna dall’alto

 

Quando sostenne con me i primi colloqui esplorativi ne ricavai la sensazione che, dietro i tratti delicati ed eleganti della sua figura, dietro i modi raffinati e sobri, si nascondesse un combattente poderoso ma esangue, appena tornato da una campagna massacrante; un combattente, però, per nulla domo. Il tempo mi confermò in questa prima labile impressione.

Nel procedere della terapia, potei notare con sempre maggior evidenza quanto lo scavo psicologico, il contatto con l’immaginazione profonda, le recassero immediato giovamento: provava per il procedimento analitico un piacere quasi sensuale. E ciò, dunque, faceva sì che, sebbene fosse spesso costretta a confrontarsi con immagini psichiche correlate a stati mentali tanto disturbanti da impedirle, a tratti, persino di dormire e di lavorare, in lei prevalesse il desiderio di mantenersi in contatto con la materia psichica. E ciò spiega, a mio giudizio, anche la sua florida vocazione di sognatrice.

 

 

Sogno e realtà (Angelo Morbell, trittico)

 

Quando giunse questo incubo ad atterrirla, le condizioni della mia paziente arano indubbiamente migliorate: gli attacchi di ansia erano calati per numero e intensità; la qualità del riposo migliorato; il rapporto con le immagini inconsce volgeva progressivamente a una fiduciosa attesa nella loro capacità di ispirarle un’esistenza più autentica; contemporaneamente, la donna aveva cominciato ad ampliare il giro delle proprie compagnie e a frequentare regolarmente un laboratorio teatrale. Proprio lì aveva da poco conosciuto un uomo che l’aveva in varie occasioni, con garbo e savoir faire, proposto di uscire insieme e che destava in lei una serpeggiante inquietudine. Il comportamento di lei, pur mantenendosi schivo e ambivalente nei confronti del corteggiatore, suggeriva la presenza di un’inequivocabile attrazione.

Riporterò qui di seguito, solo in forma più ordinata, il racconto onirico della paziente e l’interpretazione a cui pervenimmo in conclusione di seduta. Salterò, necessariamente, tutte le fasi preliminari, ovvero le informazioni, i quesiti, i commenti, le ipotesi abbozzate, le associazioni mentali e, soprattutto, quella miriade d’impercettibili segnali non verbali che silenziosamente influenzano e indirizzano il lavoro di paziente e analista nell’attribuzione di significato del materiale psichico.

 

 

Teoria di scatole per le scarpe (Ugo Derantolis, immagine digitale)

 

«La notte dopo aver accettato l’invito a cena di questo nuovo amico – serata, tutto sommato, trascorsa piacevolmente – mi sono svegliata per un terribile incubo. Solo a rievocarlo provo ansia!

Il sogno era più lungo e complicato di come lo ricordo adesso e di alcuni passaggi mi rimangono, adesso, solo delle sensazioni.

In un primo momento, mi trovavo in compagnia proprio del mio amico: lo accompagnavo ad acquistare delle scarpe. Dopo averle comprate, lui mi stimolava a fare altrettanto.

Entravo allora in un negozio e mi avviavo a pagare il mio nuovo paio di scarpe alla cassa quando tutti i soldi mi cadevano in terra. Provavo imbarazzo, ma le commesse accorrevano premurosamente e mi aiutavano a raccoglierli.

La cosa che mi lasciava interdetta era, però, che mi restituivano spiccioli e non banconote.

Una volta tornata in strada, iniziavo a dubitare del contenuto della busta. Infatti, aprendola, scoprivo una scatola nera, e non bianca come quelle che solitamente si adoperano per le calzature. Provavo rabbia, perché mi avevano raggirata.

 

 

Scarpe da donna a pois su sfondo rosso

 

A questo seguiva un secondo sogno, che non mi sembra avere relazione con il primo, e si tratta, in effetti, dell’incubo vero e proprio.

Dormivo nella mia stanza da letto. All’improvviso, dalla finestra irrompevano frotte di animali selvatici – serpenti, cinghiali, uccelli notturni e molti altri che non rammento. Si gettavano dentro con una violenza incredibile. Io tentavo disperatamente di respingerli chiudendo la finestra.

 

 

Un fotogramma del film Possession, di Andrzej Żuławski

 

A questo punto, mi sono svegliata piena d’ansia.

Ci ho impiegato parecchio tempo a riaddormentarmi. Appena ci sono riuscita, però, sono caduta in un incubo ancora peggiore: in casa mia, giravano vari giovani; tra di loro c’era anche una ragazza. Ero spaventata: mi chiedevo come fossero riusciti a entrare, visto che avevo chiuso a chiave la porta principale.

 

Violenza su una donna

 

Riflettendo, mi rendevo conto che si erano infiltrati dalla cantina. Mi sentivo molto invasa da quelle presenze e decidevo di scacciarli. Se ne andavano, ma solo all’apparenza, perché al loro posto subentrava una banda di teppisti. Questi, dopo avermi devastata casa, m’ingabbiavano in uno strano macchinario che mi toglieva ogni energia dal corpo. Quindi, i ragazzi iniziavano a picchiarmi selvaggiamente in testa.

Ho tentato di svegliarmi più volte, senza riuscirci. Alla fine, quando ce l’ho fatta, ero esausta e talmente terrorizzata da non riuscire a chiudere più gli occhi».

 

 

Donna terrorizzata

 

«Si tratta di un’esperienza davvero angosciosa, mi rendo conto! Ciò nonostante, se riusciremo a mettere per un attimo tra parentesi l’impatto delle emozioni, credo che lei potrà scoprire in queste immagini elementi davvero fecondi per sé.

L’inquietudine, prima larvata e poi furibonda, che si respira nel sogno – poiché dobbiamo considerarlo proprio così, come un’unità divisa in più atti – a me sembra derivare dal conflitto in cui lei si dibatte attualmente tra il desiderio di riprendere “a camminare insieme” a un nuovo compagno e i timori collegati al rischio di rimettersi in gioco in una relazione profonda e coinvolgente.

 

 

Donna mutilata - Frantumazione della Grazia - misto di nuove violenze (Amadeu de Souza-Cardoso, olio su tela)

 

        Questa profondità riguarda non solo l’intensità e la durevolezza degli affetti che il rapporto con un partner le comporterebbe, ma anche e soprattutto il vigore del suo trasporto personale verso il mondo. Di fatti, la questione che il sogno mi sembra porre è se esista qualcosa davvero meritevole del suo amore oltre la “soglia” di uno “spazio” strettamente privato».

 

 

Pantera nera

 

        «Sappiamo che lei sta attraversando un passaggio particolarmente critico e significativo della sua vita, nel quale si va affievolendo ogni tentativo di sedare la sua autentica natura, una natura che appare, in effetti, forte, coraggiosa, oserei dire, “ruggente”: le immagini che ci richiamano a questo, infatti, non si limitano a riaffiorare, ma sfrecciano e s’infilano, le balzano addosso, si catapultano su di lei, l’assalgono con dinamismo e forza. Inevitabilmente, la “vitalità indomabile della sua Anima” (ben sintetizzata dagli «animali» selvatici, appunto) scacciata dalla «porta», rientra prepotentemente «dalla finestra»; la realtà della psiche“infera”, che è stata troppo a lungo ignorata, si riaffaccia dall’oscurità in cui era stata a lungo sprofondata (e, pertanto, “demonizzata”),costringendo la sua Coscienza assopita a ridestarsi di colpo.

 

 

Dannati all’Inferno (Luca Signorelli, affresco – particolare)

 

Di fronte a questo assalto, l’Io – cioè, il modo funzionale e corrente di approcciarsi alla realtà, parzialmente al servizio della Coscienza - cerca, allora, di eseguire il suo abituale rituale di esclusione, “l’esorcismo” del mondo inconscio. Il tentativo, però, fallisce. Si comprende da ciò che questa realtà lei, oggi, può e deve necessariamente incontrarla, o, altrimenti, sarà costretta dolorosamente a subirla».

 

 

La divina acqua mercuriale, dagli scritti alchemici di Baro Urbigerus

 

«D’altronde, cosa poteva mai annunciare la comparsa della «scatola nera» nel suo sogno? Come quella dell’aereo, che si cerca di recuperare dopo un incidente, poiché lì vi si trovano registrati gli eventi di un viaggio in cui qualcosa è andato storto, così, forse, essa annuncia la sua traversata “infera” nei meandri dell’Inconscio, la sua “Opera al Nero”, il cui simbolo si rende disponibile alla Coscienza. Inizialmente, le può credere che questo accadimento rappresenti un inganno, una frode insidiosa e inquietante ordita ai suoi danni. Eppure, deve prendere atto che è condotta a questo evento dal bisogno di rispondere a esigenze da tempo accantonate: rifugiarsi in un’esistenza di completa quiete e oblio è divenuto per lei stessa inaccettabile.

Di conseguenza, nessuna porta sbarrata riesce a salvarla dall’impeto dei contenuti psichici rimossi o forclusi dalla Coscienza, dato che è esattamente il suo desiderio profondo che li spinge ad esigere – con la forza – un riconoscimento negato. Ovviamente, essendo relegati nel “sottosuolo”, per adoperare il termine coniato da Dostoevskij, emergono in forma brutale».

 

 

Un’immagine “perturbante” della bambola Barbie

 

«Dunque, questo processo implica delle criticità. Di fatti, il suo rivivificarsi, signora, grazie al rapporto con l’altro (l’uomo reale con cui sta uscendo e, soprattutto, attraverso di lui, lo scenario potenziale del mondo nel quale sta rimettendo piede) provoca un contrattacco al desiderio: la paura del riaprirsi di antiche e nuove ferite, in effetti, cozza con la ritrovata voglia di apertura. Ecco perché, probabilmente, gli aspetti «giovani», ossia in divenire,del suo Animus (il corrispettivo femminile di ciò che è l’Anima per il soggetto maschile, secondo Jung) assumono un contorno ipnotico per la Coscienza e pernicioso per l’Io. Il sogno, infatti, ci mette in guardia dal pericolo che lei sia pesantemente «picchiata sulla testa», ossia che venga assalita nella lucidità del pensiero, oltre che nella capacità d’azione. In tal maniera, l’Io si ritroverebbe imprigionato in una dimensione “macchinale”, debole, larvale, quasi da zombie, tipica dello stato depressivo.

Allo stesso tempo, però, quel “battere sulla testa” potrebbe anche sottolineare vigorosamente come per lei sia divenuto indispensabile abbandonare il rifugio difensivo del pensiero ossessivo, quelle ruminazioni e i dubbi infiniti che si sostituiscono al vivere con spontaneità il rapporto verso il “mondo interno” e il “mondo esterno”. In questo senso, quella che, a tutta prima, si presenta come una minaccia assoluta potrebbe tradursi, mediante il contributo della Coscienza, in una immagine psichicamente creativa.

D’altronde, la figura del narcisismo complessa: una delle sue facce allude alla riflessione profonda e alla consapevolezza di sé».

 

 

Biblis (William-Adolphe Bouguereau, olio su tela)

 

«In conclusione, a me pare che il sogno le mostri quanto sia fondamentale, signora, reagire ai rigurgiti di narcisismo mortifero che talora l’assalgono: il loro scopo ultimo è, senza dubbio, quello di allontanarla da una vitalità audace e dalla capacità d’impregnare il mondo di sensibilità e cultura, e ciò soltanto per evitare la potenziale sofferenza che ogni autentica messa in gioco comporta.

 

 

La visione dopo il sermone (Paul Gauguin, olio su tela)

 

Meno lei cederà al ricatto delle sirene - le quali hanno oramai gettato via la maschera di chi la vuole bonariamente dissuadere dal farsi avanti “per il suo bene”, rivelando la loro essenziale tendenza distruttiva -, più incentiverà il contatto con il suo mondo interiore e con l’altro, più avvertirà scorrere in lei l’energia e la soddisfazione per aver ripreso a percorrere, meglio e con più consapevolezza, la strada che le è davvero consona, quella a cui la chiama il suo daimon personale».

 

 

Le sirene e Odisseo. Dettaglio di una figura risalente al V secolo a.C. riportata su uno stámnos (στάμνος) attico a figure rosse rinvenuto a Vulci

 

 

* Francesco Frigione è psicologo e psicodrammatista analitico, psicoterapeuta individuale e di gruppo, docente di psicodramma in una scuola di specializzazione per psicoterapeuti, formatore di educatori e studenti, autore di progetti psico-socio-culturali in Italia e all’Estero. Nato a Napoli, lavora a Roma, Milano e Ischia. Ha fondato e dirige il webzine e il quadrimestrale internazionali “Animamediatica” ed è membro del direttivo del Giornale Storico di Psicologia e Letteratura, fondato da Aldo Carotenuto.

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