IL CARRO DEL SOLE

IL CARRO DEL SOLE

 

 

Medea Rejuvenating Eson di Dominicus van (Ascanius) Wijnen

(Vendor, Musée de Beaux-Arts)

 

         di Luciana Zollo

 

Nell´ultima scena della Medea di Euripide, la protagonista, dopo aver ucciso i due figli per vendicarsi del  tradimento di Giasone, che l’ha abbandonata per sposare la giovane principessa di Tebe, sale tenendo in braccio i corpi dei bambini sul carro di Elio, che li trasporta verso l’alto. Questa scena nel teatro antico si avvaleva di una “macchina”, uno speciale strumento meccanico che consentiva di rappresentare verosimilmente un fatto prodigioso. Elio, la divinità del Sole, era il nonno di Medea, ovvero il padre di suo padre, e pertanto esercitava nei suoi confronti una particolare tutela. 

 

 

La tragedia greca rispettava rigorosamente il criterio dell'”osceno”, ovvero di un fatto atroce e inumano che non poteva venire  rappresentato, neppure nella finzione, sotto lo sguardo del pubblico. I fatti di sangue, frequenti e strazianti  nella mitologia e nell’immaginario degli antichi, avvenivano sempre fuori scena, mentre davanti agli spettatori un personaggio, spesso l´άγγελοϛ, o nunzio, o messaggero, sconvolto ed addolorato raccontava i fatti di sangue con accenti che suscitavano il pathos generale. La morte dei figli di Medea non fa eccezione e si svolge fuori dalla vista del pubblico, che tuttavia ascolta le grida ed invocazioni di aiuto da parte dei piccoli. Successivamente la madre, che ha compiuto l’atroce delitto con le sue stesse mani, esibisce, per sfregio e vendetta, i corpi esanimi davanti al padre, e pertanto davanti al pubblico. Mentre l’uccisione, la violenza esercitata ingiustamente sul corpo degli innocenti, é degna di condanna senza rimedio e costituisce un atto osceno, è invece lecito mostrare i cadaveri dei bambini. Dopo che il fatto atroce è stato consumato, l’epilogo, attraverso l´esibizione dell´irreparabile risultato, è ciò che ci interessa.

La morte di un innocente, sia nel mito sia nella realtà, viene spesso considerata un sacrificio, in quanto costringe le parti in lotta che l’hanno provocata a prendere atto della violenza scatenata e, nella migliore delle ipotesi, a poter riflettere su di essa. Quello dei  figli di Giasone e Medea è un doppio scellerato sacrificio, in quanto causa della loro morte è l’odio di Medea, desiderosa di vendetta per l’umiliazione subita, scaturito a sua volta dall'ambizione di potere di Giasone,  deciso a sposare la figlia del re. Senza arrivar e al crimine, non è raro che ansie e frustrazioni dei genitori arrechino danni profondi ai bambini ed ai giovani che essi dovrebbero tutelare al di sopra di ogni altra cosa.

 

 

Il corpicino del bimbo siriano Aylan Kurdi, riverso sulla sabbia

 

Il corpo senza vita, sulla riva del mare, di Aylan Kurdi, il piccolo siriano che assieme alla sua famiglia cercava salvezza in una terra sicura, è stato fotografato e riprodotto sui giornali e gli schermi di tutto il mondo. Con il trascorrere delle ore, dal naufragio dei profughi e dalla scoperta dei soccorritori, l’opinione pubblica è passata dall'indignazione alla riflessione, e si è presto detto che quel sacrificio, provocato dal caso e dal caos della guerra, avrebbe indotto governi e cittadini a una maggior considerazione nei confronti delle persone inermi travolte dagli eventi e spinte alla fuga. 

È impossibile attenuare Il dolore brutale suscitato dall'immagine del piccolo corpo adagiato sulla spiaggia. Sembra doveroso soffermarsi con contrizione sul fatto che la salma del bambino, assieme a quelle di suo fratello e di sua madre, anche loro annegati nella stessa circostanza, siano stati riportate e sepolte nella loro città, Kobane, dal padre che ha deciso di non fuggire più ma di restare accanto a loro, in patria, nonostante i pericoli della guerra. Tuttavia, non si tratta certo di una riparazione.

Manca, nella nostra visione attuale, la forza trascendente di un ente supremo, di una divinità consolatrice che distolga dai nostri occhi ciò che sembra intollerabile da guardare. Manca il carro del Sole di Medea, manca «il Dio che atterra e suscita, 
che affanna e che consola» cantato da Manzoni. Non siamo più antichi e favolosi, né religiosi fino al punto di affidarci alla Provvidenza. Se siamo cresciuti, divenuti adulti convinti di poter gestire il nostro destino e non più bisognosi di miti e pietosi stratagemmi, dovremmo assumere la responsabilità di quel che accade, a noi stessi ed agli altri. Anche di quel che é accaduto al piccolo Aylan.