GENI DA SLEGARE

GENI DA SLEGARE

 

 

Albert Einstein

 

     di Ivan Battista

 

 (…) L’esercizio dell’arte è un’attività psicologica o un’attività umana dovuta a motivi psicologici, e come tale è e deve essere sottoposta all’analisi psicologica.

(Carl Gustav Jung, Psicologia analitica e arte poetica, 1922)

 

Il genio di frequente è confuso col folle perché il suo operare è spesso divergente dal pensiero comune. Tra i due, la differenza sostanziale che dobbiamo aver presente è che, mentre il primo si produce nella creazione dell’opera d’arte o dell’invenzione o della scoperta scientifica secondo un intendimento ragionato e teleologico, il secondo non è in grado di riprodurre in modo intenzionale e continuativo la sua creatività con altre opere d’arte o invenzioni o scoperte, ammesso che riesca ad esprimersi creativamente anche una sola volta.

 

La domanda che dobbiamo porci, dunque, è: “Quale genio?”. Il δαίμων (daimon) dei filosofi greci? Quell’entità che si pone tra gli esseri umani e gli dèi senza appartenere né all’una né all’altra categoria, ma in grado di entusiasmare e di spingere l’artista, invasandolo, alla migliore e più genuina espressione della sua creatività? O il genius degli antichi romani che lo intendevano più come genia o censo? È interessante notare come nel 1557, nell’Elogia doctorum virorum di Paul Jove,  l’in-genium rinascimentale conti 146 eruditi tra cui solo 18 sono i letterati e 137 gli eroi militari. Edgar Zilsel, sociologo della scienza austriaco, su 967 illustri menzionati dai memorialisti del rinascimento, calcola il 49% di letterati, il 30% di politici e militari, il 10% di ecclesiastici, il 6,5% di medici e soltanto il 4,5% di artisti tra pittori e scultori.

 

 

Giovanni Pico della Mirandola

 

Giovanni Pico della Mirandola nel suo De hominis dignitate paragona l’uomo a Dio poiché anch’egli ha facoltà creatrici e asserisce il destino del genio creativo per nascita:

“I bruti nascendo, assorbono dal seno materno ciò che possederanno. Gli spiriti superiori furono invece, sin dall'origine, o poco di poi, ciò che saranno eternamente.”

Il genio, quale puro dono della natura, può sbocciare ovunque si allarghi la distesa dello spirito, il vigore dell’immaginazione e la vivacità dell’anima. Il periodo preromantico e romantico, rivisitando Platone, riconsidera il genio accostandolo nuovamente alla spontaneità della creazione ed alla folgorazione divina. In realtà, non è proprio così. Il genio è sì una persona in grado di farsi invadere dalla propria idea, ma rarissimamente la realizza demblée. È molto più frequente che l’opera d’arte o di genio giunga al suo compimento dopo un diuturno impegno di applicazione e di ricerca.

 

 

Sigmund Freud

 

È indubbio che ci sia una certa ereditarietà rispetto al genio ed è importante che la sua prestazione non risenta troppo dell’opera dei suoi contemporanei né dei suoi predecessori, anche se è inevitabile che la produzione geniale nasca dalla cultura nella quale è immersa. La psicoanalisi, con Sigmund Freud in prima battuta, ma poi con Abraham, Jones, Rank, sposta l’attenzione contemporaneamente sia su colui che crea, sia sulla sua creazione. L’indagine psicoanalitica si produce in una ricerca sistematica di tutti gli impulsi più istintivi e primitivi nonché universali che concorrono alla genialità del creatore. L’opera d’arte deve realizzarsi come nuova manifestazione originale per poter essere considerata geniale. La critica e il socius in generale riconoscono la positività del genio in quanto dovuta alla sua particolare struttura psicologica, ma pretendono che la sua produzione sia legata alla intenzionalità ed alla continuità. Il genio creatore è una personalità originale eccezionalmente dotata.

Di frequente, la persona di genio è melanconica perché sente che il suo essere originale e precursore lo porta distante dall’amore e dalla comprensione altrui. Il suo pensiero divergente gli crea quella distanza e quella estraneazione dalla convergenza comune che lo relega nella sua solitudine consegnandolo alla sofferenza del “diverso creativo”. Quindi, è facile capire che l’artista geniale è tale perché sofferente non sofferente perché artista, poiché la creatività è una delle risposte migliori al dolore del vivere. Il genio che crea è un essere fuori del comune perché è la sua stessa originalità di pensiero che lo pone al lato delle cose della vita.

Nonostante la si studi da svariate angolazioni, la personalità geniale resta in parte un mistero poiché è un intreccio di componenti psicologiche multiple. Il genio però non può essere folle poiché una volta che la sua follia pervade la sua psiche, cessa la sua capacità di essere creativo in modo continuativo e intenzionale. Molti artisti hanno contenuto la loro follia con la produzione geniale di opere d’arte, ma una volta che il loro operato generativo non è stato più in grado di contenere la sofferenza psichica sono scivolati nella follia e hanno smesso di produrre opere di genio. Quindi il genio e la follia non sono necessariamente “parenti”, ma possono esser presenti in contemporanea.

Il genio riesce ad esprimersi al meglio finché la sua sofferenza psichica è contenuta dal suo estro creativo. L’esaltazione creatrice, in effetti, è spesso una  risposta compensativa ad uno stato depressivo. Quando l’opera creativa non riesce più a contenere tutte le reazioni psichiche elementari di piacere, dispiacere, interesse, del genio-artista possono presentarsi dei problemi psichici. L’opera è un miscuglio di difficoltà d’essere e fattori energetici costituzionali.

Nelle arti, lo stato psichico del genio si ripartisce disegualmente. In prima battuta abbiamo la poesia e le lettere, poi seguono la pittura e la scultura ed infine la musica. Le lettere mostrano una grande vicinanza ai disordini mentali, la depressione è molto presente tra gli scrittori e i poeti: Tasso, Goethe, Swedenborg, Hölderlin, Pavese, Virginia Woolf, Dino Campana, Alda Merini sono alcuni casi che mi vengono in mente. La probabile spiegazione è che le parole, soprattutto quelle scritte, dischiudono alla dimensione più diretta e profonda del racconto di sé. Il nostro Io e la sua definizione sono strettamente legati alle parole. Le parole contengono i concetti razionali e consequenziali e se ciò non avviene avremo una discrepanza ideo-verbale, sintomo importante della psicosi.

 

 

Virginia Woolf

 

Per lo stesso motivo, le arti plastiche e musicali hanno meno legami con la follia. Il fattore creativo è tipicamente umano. Anche altri animali possiedono un certo grado di creatività, ma mai nessuno come l’essere umano: il genio creativo è un fatto propriamente umano. Il genio che crea arte, in particolare, svolge una funzione sociale molto importante. Egli è paragonabile ad uno sciamano e si avvicina tantissimo al suo ruolo di provocatore e catalizzatore di reazioni personali. L’artista di genio, così come lo scienziato innovatore, mette in discussione la nostra quota di razionalità e di certezze e, sacrificando una parte della ragione che ci occorre nel nostro mondo, permette l’acquisizione di conoscenza per scoprire mondi nuovi.

La caratteristica principale del genio creatore e originale è la sua capacità di raggiungere e toccare l’archetipo, per cui la sua opera sforerà il tempo e resterà a dominare i secoli, trascendendo, addirittura, in alcuni casi, la stessa Umanità. La personalità di genio ha un rapporto costante con la sua dimensione folle, ma non ne sarà mai preda perché avrà acquisito la capacità di integrarla e controllarla. La creatività prevede un’integrazione tra realtà interiore e realtà esteriore, tra inconscio e razionalità. È proprio questo completamento che costituirà il serbatoio energetico principale della personalità geniale che le permetterà di essere creativa.

Nell’irrazionale, nell’inconscio, nella divergenza e anche nell’anomalia esistono potenzialità che, se integrate al meglio, possono avere implicazioni fondamentali nella ricerca e nell’espressione estetica. La natura del genio è creativa e innovatrice per definizione. L’opera del genio, artistica o scientifica, è sempre una “scoperta”, cioè apre a nuove dimensioni a nuovi territori dell’essere. Oggi, il termine genio è in disuso e si preferisce usare la definizione di personalità creatrice originale. Comunque la si voglia enunciare, la personalità di genio apporta un forte quantitativo di valori innovativi che producono importanti conseguenze nel retaggio culturale dell’Umanità. Il genio e la sua natura si fondano su cinque indiscutibili caratteristiche:

1)      Il carattere innovativo dell’opera;

2)      La rottura dell’opera con quelle dei contemporanei;

3)      Il riconoscimento ampio e durevole del socius;

4)      L’ipotesi di un apparato psichico particolare;

5)      L’esistenza o meno di predisposizioni.

 

Per chiudere definitivamente con lo stereotipo del genio folle, mi corre l’obbligo di specificare che le caratteristiche importanti del folle sono, invece, la sua disorganizzazione mentale, la sua dissociazione, la non integrità dell’Io che lo portano lontano dalla logica che, pure, l’opera geniale artistica o la scoperta scientifica richiedono. Non esiste un genio folle, dunque, perché l’una realtà esclude l’altra. L’opera del genio si pone a garanzia del suo equilibrio psichico. Per intenderci meglio, se il folle riesce ad essere creativo in termini di intenzionalità e continuità della sua opera: guarisce; vuol dire che è guarito. Su questo assunto si fonda tutto l’intervento dell’art therapy.

Chiudo questo articolo specificando che per noi psicoterapeuti l’oggetto dell’indagare sull’arte e sull’opera artistica e di genio è limitato a quella componente dell’arte o della scienza che comprende i processi della creazione. Ci è preclusa, invece, quella che rappresenta la seconda componente basilare, l’essenza stessa dell’arte, che deve essere oggetto di studio estetico da parte di altri specialisti.

 

 

Carl Gustav Jung

 

Quando osservo i quadri e le espressioni artistiche e scientifiche dei miei geniali amici, sparsi un po’ in tutto il mondo, mi accorgo che, parafrasando Jung, il motore principale del loro operare è racchiuso nell’insoddisfazione del loro presente, cui volgono le spalle. L’amore tormentato e nostalgico che consegue a questa scelta si ritira fino ad inabissarsi nel loro inconscio. Lì trovano le immagini archetipiche che riequilibrano, nel modo più utile, i difetti e il vuoto della loro epoca. Con la loro premurosa mente e le loro amorevoli mani gli scienziati e gli artisti scoprono e creano, affidandoci con le loro scoperte e opere un messaggio di straordinaria importanza per tutti noi. Ecco perché dobbiamo al genio dell'artista e a quello dello scienziato tutta la nostra considerazione, il nostro rispetto e la riconoscenza di esseri umani.