IL MARE

IL MARE

 

 

       di Luciana Zollo

 

 

 

 

 

Scognamiglio: Veduta del golfo di Napoli

 

«L'acqua, sorgente di ogni forma di vita, è anche un elemento di dissoluzione ed annegamento»

(H. Bedermann, Enciclopedia dei simboli, Garzanti)

  

Il rapporto della penisola italiana con il mare, il Mediterraneo, il Mare nostrum, é per definizione ambivalente: dal mare provengono sia la vita, attraverso le attività peschiere e commerciali e le comunicazioni, che la morte, attraverso le invasioni e le guerre.

 

 

 

Il ritorno di Ulisse (Giorgio De Chirico, 1968)

 

La lingua italiana conserva il termine  latino mare, ma anche le tracce di quello greco, πέλαγοϛ, in parole come “arcipelago” ed “impelagarsi”. La letteratura italiana delle origini, e lo stesso Dante, accolgono  la tradizione classica secondo la quale il mare rappresenta il pericolo, l’ignoto che intimorisce e respinge l´uomo, ma allo stesso tempo lo attrae e lo sfida con il suo mistero. Nel XXVI canto dell’Inferno il ritratto dantesco di Ulisse  mantiene in vita la convinzione degli antichi che fosse assai imprudente inoltrarsi oltre lo stretto di Gibilterra ed interpreta, cristianamente, il  naufragio tra i flutti dell’oceano aperto e sconosciuto come una manifestazione della volontà divina: castigo per  l´uomo che ha osato varcare  i confini a lui assegnati, peccando di presunzione.  Solo pochi decenni piú tardi, nel Decameron, la visione laica e spregiudicata  di Boccaccio gli consente di mettere in evidenza  la vitalità delle attività marittime, inerenti alla condizione borghese della “mercatura”, che stava trasformando l´Europa del XIV secolo avviandola alla modernità.

 La passione per il mare, intrinseca all’identità delle popolazioni italiche, trova una sua giustificazione filosofico-esistenziale nel principio romantico di “libertà”. Assieme ad  altri elementi della Natura, forte ed incontrollabile, il mare rappresenta per la sensibilità romantica una metafora di espansione e di potenza, di superamento delle barriere fisiche e spirituali . Questa idea del mare, analoga a quella del pensiero libero dai vincoli della logica tradizionale, ispira il felice smarrimento  nel quale naufraga con dolcezza la mente di Leopardi, negli ultimi due versi de “L’infinito”.

Alla fine dell’Ottocento il mare è lo scenario, privo di ogni idealizzazione estetica e sentimentale, della vicenda narrata con tragico realismo e consapevole verismo ne “I Malavoglia” di G. Verga. La famiglia di pescatori di Acitrezza vive, patisce e muore del mare: quando la barca significativamente battezzata “Provvidenza” naufraga con il suo carico di uomini e di beni,  il destino dei Malavoglia subisce un rovescio irreparabile. Nella Sicilia di Verga  le condizioni dei lavoratori apparivano condizionate dalle leggi della natura assai più che da ogni altro fattore, umano, politico o sociale.

        Nel romanzo del Novecento il mare continua a fare da  sfondo di struggente bellezza alle vicende dolorose vissute dalla popolazione del  Meridione della penisola. Napoli, in particolare, appare come una città segnata da un destino drammatico: la splendida configurazione  naturale della sua baia contrasta con le brutture della storia e le storture politico- sociali a cui la città sembra condannata  e che nel corso del XX secolo sembrano aumentare a ritmi vertiginosi. Ne sono testimonianza i romanzi e racconti di Ortese, La Capria, Rea, tra gli altri. Spicca per la sua originale atemporalità "L´isola di Arturo” di Elsa Morante,il  romanzo di formazione, ambientato nell´isola di Procida,  che tutt'oggi conquista lettori di ogni età. La  dimensione mitica, l´ampio ritmo narrativo, il clima trasognato in cui si muovono i suoi personaggi toccanti conferiscono all´onnipresenza del mare un valore profondo, in vero e proprio omaggio ai simboli, ma anche alla ricca materialità della cultura mediterranea.

A testimoniare l’amore per il mare da parte di Eugenio Montale, poeta ligure indissolubilmente legato alla luce mediterranea della sua terra, basti ricordare l´immagine di uno degli “Ossi di seppia” piú noti, che inizia con il  «Meriggiare pallido ed assorto...» in cui il «palpitare» delle «scaglie di mare» «tra le fronde» é elemento essenziale per la descrizione del paesaggio che rappresenta l´esistenza stessa. L´intensità dell’affetto del poeta che osserva e si osserva esprime sinteticamente il sentirsi tutt'uno con i propri luoghi di origine, nell'aspra consapevolezza della quotidiana difficoltà dell’essere universale. Analogamente, nei versi trasognati ed eloquenti intitolati “Ulisse”, Umberto  Saba rende omaggio alle coste della Dalmazia con alcune struggenti annotazioni autobiografiche, confessione della propria inguaribile irrequietezza.

Una raffinata esperienza letteraria è quella di un altro scrittore siciliano, Stefano D´Arrigo, che con il suo romanzo  Horcynus Horca  propone, in uno stile  imponente  e complesso, una serie di sovrapposizioni e  rielaborazioni di  reminiscenze mitologiche e letterarie: nuovamente l´Odissea, sia nella sua versione classica che in quella novecentesca, opera di Joyce, ed allo stesso tempo l´epopea ossessiva di Moby Dick. Il  protagonista ‘Ndria Cambria, nocchiero della Regia Marina nell’anno di guerra 1943, vive sul mare una serie di avventure allucinate che si concludono in un´apocalissi predestinata.

«Sabbia a perdita d'occhio, tra le ultime colline e il mare - il mare - nell'aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord.
La spiaggia. E il mare.»
Con questa incisività dell’incipit, Alessandro  Baricco apre il suo “Oceanomare”, a cui va associato, per analogia di argomento, il monologo teatrale “La leggenda del pianista sull´Oceano”, favola moderna in cui ritornano, come il movimento ripetitivo delle onde,  i luoghi comuni della vita dell´uomo di mare: la vocazione alla solitudine, l’attrazione per la terraferma come sogno costante impossibile da realizzare, la capacità di incontro e fusione con la natura.

La presenza del mare nella letteratura italiana è pertanto richiamo alle origini, urgenza di dialogo con la natura, grido di disperazione, invocazione di fronte alla bellezza enigmatica della distesa azzurra che, esaltante o minacciosa, è presenza ineludibile per l´umanità del Mediterraneo. E´auspicabile che il presente di un’Italia  spesso distratta e confusa  non distolga lo sguardo, volgendogli le spalle, dal Mare del suo territorio che, come uno specchio, la interroga e mette in discussione ma contiene anche elementi per possibili risposte alle sue ansie ed ai suoi smarrimenti.