SERVIZI SEGRETI PUNTO COM

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  di Ugo Derantolis

 

SERVIZI SEGRETI PUNTO COM

Intervista a una spia che ci ama 

 

 

«Pólemos (il conflitto) è padre di tutte le cose, di tutte re; gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi» 

                                           Eraclito di Efeso frammento 53

 

       Intervisto una figura di cui scorgo soltanto i contorni:  un gioco sapiente di luci me ne oscura i lineamenti. Siede  aldilà di una massiccia scrivania. Sussurra in un microfono  con buona proprietà di linguaggio. La voce esce dalle  casse, piatta e metallica, tanto che non so decidermi se  appartenga a un uomo o a una donna. La stanza in cui mi  hanno condotto è insonorizzata e immersa in una densa  penombra; l’assenza di finestre e il ronzio dei  condizionatori d’aria mi fanno supporre che sia un  sotterraneo. Questo incontro mi ha richiesto due anni di  frustranti abboccamenti con una serie d’intermediari, molti  dei quali si sono rivelati dei millantatori. Volevo  desistere, ma, contemporaneamente, ero convinto di poter aprire una breccia nel muro. Alla fine l’ho spuntata. Adesso mi ritrovo a tu per tu con l’inventore del primo social network di intelligence al mondo! Sembra un ossimoro, l’idea di una piazza virtuale e quella di un’attività che prolifera nell’ombra, lo spionaggio. Ma le apparenze ingannano. Per questo mi propongo di rivolgere al mio interlocutore numerose domande sulla sua creatura. 

 

        Innanzitutto, però, devo narrarvi come sono giunto in questo luogo.  

Settembre 2014, tre giorni prima dell’incontro, il mio contatto nell'organizzazione – che chiamo “Nicola”, per via dell’accento barese – mi preannuncia che lui e altri colleghi mi preleveranno sotto casa, all'alba di domenica. Non è una cortesia, ma un’intimidazione: serve a ribadire che io e la mia famiglia saremmo dei facili bersagli, se al loro capo non piacesse la mia condotta.

Arriva il giorno X. Alle cinque di mattina, una Hammer H3, nera come la pece, e una Mercedes classe C, dai vetri fumé, rallentano all'angolo della strada in cui abito. Nicola si sporge dal retro della camionetta e mi ordina di salire in corsa. Appena richiusa la portiera, la macchina riaccelera furiosamente. Guardo con perplessità il mio contatto. Per tutta risposta, lui alza le spalle. Dal posto del navigatore si rivolge a me, invece, un uomo robusto, dal viso squadrato, i baffi spioventi e la fitta capigliatura corvina – perfetto physique durôle per un film di mafia:

«Andiamo veloce per non farle leggere la targa».

«Ah, già …», commento - ma in cuor mio penso che si tratti soltanto di una messa in scena.

Il tipo, però, insiste: «I colleghi che ci seguono, adesso, daranno una pulitina alla zona …».

«Quale pulitina?». 

«Nel caso avesse incaricato qualcuno di fotografarci …».

Taccio, perché le minacce mi provocano il voltastomaco e anche perché mi vergogno di non aver pensato io al fotografo. Al contempo, mi compiaccio che la mia sprovvedutezza passi per saggezza professionale.

L’auto divora l’asfalto del GRA e si lascia Roma alle spalle, infilando  la Flaminia. Sembra che i limiti di velocità non preoccupino l’autista - un individuo sui trent'anni dal cranio lucido, che galleggia in un abito blu troppo largo e che somiglia a Peppe Servillo.

Ci inoltriamo per una desertica landa della Tuscia, e, dismessa la statale, sobbalziamo su un tratturo. A un certo punto, “il pezzo da novanta”, mi mostra una fettuccia di stoffa scura:

«Deve mettersi questa, prima di continuare»

«Giochiamo a mosca cieca?».

La mia provocazione cade nel vuoto e Nicola mi benda. La camionetta percorre adesso una strada ancora più accidentata. Con le sensazioni ingigantite dalla cecità e dalla tensione, calcolo che il viaggio duri un’altra ora. Oltrepassiamo due posti di blocco e un massiccio cancello dai lugubri clangori, dove scopro di essere il “Protocollo 16/24”. Arriviamo, infine, a destinazione. Mi sospingono fuori dell’auto, fin dentro un ascensore. Le porte si chiudono e una voce robotica avvisa: «Identification». Nessuno parla, ma avvengono dei lievi spostamenti intorno a me, seguiti da “bip”. Dopo ogni “bip” risuona la parola  «Identificated». Pertanto, intuisco che l’operazione consista in una scansione delle impronte digitali o degli occhi. Alla fine, vengo spostato di qualche centimetro e la voce meccanica afferma: «Unidentificated». Allora, “il padrino” pronuncia la parola magica «Protocol number sexteen slash twentyfor», che fa partire verso il basso l’ascensore. Quando finalmente arrivo al piano mi sento completamente spaesato. Sono condotto ancora per meandri insonorizzati e deserti. D’un tratto vengo bloccato e perquisito da mani esperte, che mi sottraggono documenti, portafogli, cellulare, penna e un calepino per gli appunti. Una voce maschile mi assicura:

«Le restituiremo ogni cosa all’uscita»

 «E come trascriverò l’intervista?»

«Non si preoccupi, provvederemo noi a tutto».

Mi sento come il  povero Giuseppe Corte di Sette piani di Buzzati, sprofondato da un livello all’altro, sempre più alla mercé di forze intangibili, e non come un giornalista, padrone di sé e pronto a realizzare la sua intervista esclusiva.

Vengo abbandonato a me stesso in uno spazio ovattato, dove mi  raggiungono dei passi aggraziati. Una spirale di delizioso profumo mi avvolge e una voce femminile mi parla:

«Signor Derantolis, tra breve lei incontrerà il fondatore della Spyng-by-yourself Corporation. Naturalmente, prima le scioglierò la benda. Non si volti indietro, ma vada subito alla porta di destra ed entri nella meeting hall. Dopo qualche passo troverà una sedia. Aspetti lì l’arrivo del fondatore. Non si alzi, né si avvicini a lui per alcun motivo. Segua questi suggerimenti e andrà tutto bene: lei riporterà a casa un’intervista che i più autorevoli giornalisti del mondo non sono riusciti a ottenere. Le rammento che è libero di rivolgere le domande che desidera, purché siano pertinenti all'argomento prestabilito; se non otterrà le risposte che spera, però, non insista. L’intervista durerà trenta minuti. Il fondatore ha molti altri impegni quest’oggi; quindi, si consideri fortunato: mezz'ora è veramente tanto tempo … Ah, dimenticavo: vicino alla sedia troverà un tablet per gli appunti. Dopo averlo adoperato, lo lasci nuovamente. Provvederemo noi a spedirle il file. Le faccio i miei migliori auguri!».

«Grazie!», rispondo con una punta di sarcasmo.

Una volta sbendato, seguo coscienziosamente le indicazioni impartitemi ed entro nella vasta stanza semibuia e senza finestre, con i condizionatori d’aria. Avvisto la sedia e prendo posizione. Agganciato a un braccio metallico, pendente dal soffitto, trovo il tablet che mi era stato promesso. Noto con stupore che arriva esattamente all'altezza delle mie mani. È acceso e mostra la pagina bianca di un documento di scrittura a nome “Derantolis Ugo”. Questa superefficienza corrisponde a una forma più raffinata di pressione psicologica.  

Improvvisamente vengo accecato dal bagliore delle fotoelettriche; tre persone entrano in stanza. Mi riparo gli occhi con le mani. A dieci metri, una sagoma si blocca alla destra di una poltrona; un’altra alla sinistra. La terza figura si siede. La potenza delle fotoelettriche si attenua. Ma anche se la luce mi disturba meno, non posso ugualmente identificare chi mi sta di fronte.

La voce piatta e metallica comincia a parlarmi.

«Ho apprezzato la determinazione, signor Derantolis. A dire il vero, le sue precedenti pubblicazioni non testimoniano un vena giornalistica troppo brillante. Ha puntato in alto, questa volta. E io ho deciso di darle credito. Spero in domande interessanti. Non mi deluda»

Penso che una falsa partenza potrebbe pregiudicare il resto dell’intervista; devo impedire al mio interlocutore di sbeffeggiarmi.

«Mi sento onorato per la sua generosità. Ma, mi duole ammetterlo, la riuscita di un’intervista dipende all’ottanta per cento dalla qualità delle risposte dell’intervistato»

Mr. Spyng-by-yourself soppesa le mie parole. Poi riprende.

«Bene. Iniziamo, allora»

«Si sa poco o niente sulle origini di questa azienda, a parte il nome del suo attuale AD, l’italoamericano John Gricia, e che il fondatore - cioè lei - resta un perfetto sconosciuto. Lo stesso Gricia potrebbe essere un avatar, un essere fittizio: non rilascia mai interviste, s’ignora dove viva e di lui sul Web non si ha traccia. E poi, pare che cambiare amministratore delegato sia per voi uno sport. Meno ancora, poi, si conosce di chi controlla effettivamente la società Spyng-by-yourself, che non è quotata in borsa. S’ignora tutto, insomma: le dimensioni effettive e in quante nazioni agisca. Molti la chiamano “Opacity Corporation”. Ma cos’è esattamente la sua azienda? E lei che ruolo vi svolge?»

«Lei mi parla di nazioni, di stati. Tutto questo non ha senso. Il Web non ha confini e le sue regole non le stabiliscono i governi, ma la tecnologia. Negli anni ’60 un grande scrittore di fantascienza, Fritz Lieber, pubblicò un racconto, “L’uomo che aveva fatto amicizia con l’elettricità”, dove preconizzava la realtà attuale. Il protagonista viene assassinato da un traliccio dell’alta tensione perché ha scoperto che l’elettricità si serve dell’uomo per costruire una rete di connessioni mondiali. Una volta che i cavi saranno tutti allacciati, l’energia prenderà rapidamente il sopravvento sugli esseri che s’illudono di sfruttarla. Naturalmente si tratta di una distopia. Siamo sempre noi i destinatari della comunicazione e non i computer. Almeno, per il momento. Ma è ciò che noi siamo ad essere cambiato una volta per tutte. Ed è Internet ad averci modificato e a modellarci in forme nuove, giorno dopo giorno. Quindi, lasci perdere le strutture gerarchiche delle vecchie organizzazioni: sono obsolete. Oggi, per controllare milioni di informazioni bastano pochissime persone, poiché sono i programmi a processarle e a incrociare i dati. Questo conduce direttamente a un’organizzazione elastica, a gerarchie variabili e fluttuanti»

«Cioè?»

«Ha presente gli storni? Sono uccelli fantastici, in grado di eseguire virate, picchiate e risalite vertiginose, mentre volano in nugoli fittissimi. Com’è possibile che non si urtino tra loro e che non collidano contro gli altri stormi, che, contemporaneamente, compiono evoluzioni pazzesche? Gli scienziati li hanno studiati a lungo e hanno capito che, oltre a mantenere delle distanze fisse da ala a ala, cambiano continuamente leader del gruppo, a seconda della direzione assunta in quel momento. SBYC, come la chiamiamo noi, funziona allo stesso modo. Ecco perché l’AD può cambiare continuamente e, tutto sommato, restare una figura di riferimento solo per brevi tratti del nostro percorso, che muta di continuo. SBYC è già il domani, sotto ogni punto di vista. Per quanto concerne il personale umano, si occupa soprattutto di progettazione, sperimentazione e sicurezza. Per il resto, anche le pulizie dei locali le eseguono i robot e molta parte della logistica la svolgono i droni»

«È uno scenario piuttosto vago. Ma quanti dipendenti avete in totale?»

«Non posso minare la sicurezza di questa azienda comunicandole cifre precise. Però, posso dirle che siamo nell'ordine delle centinaia. Non di più»

«In tutto il mondo?»

«Sì»

«Un’azienda serve a guadagnare. Dunque, qualcuno deve trarre un vantaggio dall’attività della Spyng-by-yourself. Qual è il volume dei vostri utili?»

«Mi permetta di fare una premessa. La vulgata storica racconta che Internet è una rete nata per scopi militari, ma che, poi, inaspettatamente, si è sviluppata nel contesto civile. Lei come la vede?»

«Che vuole dire?»

«Che la faccenda va forse pensata in termini diversi: Internet è attualmente la più grande rete spionistica sulla faccia della terra. La CIA e il KGB dei tempi della Guerra Fredda impallidiscono al suo confronto. Il Web è mera strategia militare, signor Derantolis, strategia militare applicata al campo dell’intelligence civile. Ma, badi bene, quando si profilano interessi economici e politici di grossa entità, il labile confine che separa il campo civile da quello militare svanisce completamente … Google, Amazon, Facebook, Twitter, Instagram ecc., tutte le grandi corporations informatiche, le banche, le assicurazioni, i servizi segreti, le aziende commerciali, tutti  spiano continuamente i cittadini e senza spendere un dollaro. Anzi, si arricchiscono grazie alle informazioni che gli utenti, a propria insaputa, gli forniscono. E le dico un’altra cosa: i programmi che queste organizzazioni adoperano, per incrociare ed elaborare i miliardi di dati di cui entrano in possesso, non gli conferiscono soltanto un enorme vantaggio sul piano strategico ed economico, ma influenzano e definiscono la stessa realtà che analizzano. La realtà deriva, ormai, dai programmi informatici adottati per misurarla. Se lei guarda all'andamento del mondo della finanza può farsi un’idea di come funziona il resto»

«Mi sta descrivendo uno scenario orwelliano spaventoso. Ma cosa ha a che vedere con i guadagni della sua organizzazione?»

«Ha molto a che vedere, invece. Perché se alcuni soggetti dominanti spiano tutto di tutti, senza che gli utenti comuni lo sappiano e guadagnino dalla perdita della propria privacy (anzi, di sicuro ci perdono in tutti i sensi), SBYC si muove nel verso opposto: ripartisce la ricchezza, in termini d’informazione, tra tutti coloro che contribuiscono al suo data-base» 

«In che senso?»

«Ogni utente è libero di segnalare le informazioni che desidera in merito a se stesso e alle persone che conosce …»

«Una mostruosità!»

«Dipende dai punti di vista. Se lei parte dall'assunto che questo già accade di continuo - come già le spiegavo - senza alcuna autorizzazione, o senza che chi firma un contratto comprenda davvero i pericoli di aprire anche solo una casella di posta elettronica, o di adoperare una carta di credito, beh, allora vedrà che essere interamente al corrente di ciò che si trasmette rappresenta un grande vantaggio»

«Insomma, il signor K appoggia di sua iniziativa la testa sul masso dove i boia in finanziera lo scanneranno …»

Per la prima volta dall'inizio del nostro incontro, sento il mio interlocutore abbozzare un sorriso, o almeno quello che il programma di criptazione della voce lascia intuire sia stato originariamente un sorriso, dato che, in realtà, le casse diffondono qualcosa che sta a metà tra un ansimo e un cachinno.

«Ah, Il Processo di Kafka … No, non è così, mi lasci spiegare. Le informazioni fornite da ciascuno vengono processate e confrontate con quelle che altri danno sulla stessa persona, famiglia, organizzazione. Mi segue?»

«Fin qui, benissimo»

«Bene. Queste verifiche consentono di attribuire un patentino di credibilità al nostro informatore, e il patentino prevede dei punteggi precisi, che aumentano o diminuiscono in base a riscontri quotidiani. Diciamo che una persona più è credibile, e accresce il suo punteggio, e più guadagna in termini di custodia della propria privacy»

«Ossia?»

«Ossia che le informazioni che circolano senza controllo su di lei le vengono comunicate e, se la persona chiede che siano cancellate, noi eseguiamo i suoi ordini. In questo modo, non solo l’attuale élite di controllori dei big data può rendersi opaco allo sguardo altrui, ma anche il signor Gricia o il signor Derantolis»

«Scusi, ma, di questo passo, la Spyng-by-yourself rischia di diventare il più grande depositario di informazioni del mondo. Potenzialmente l’unico, ammesso che gli altri big data vi lascino agire in modo indisturbato. Perché rimuovere le informazioni sensibili dalla rete non significa affatto cancellarle dai vostro archivio»

«No, noi cancelliamo davvero i dati, e in forma definitiva. Ne va della nostra credibilità. E in un’azienda come la nostra la reputazione è tutto»

«Mettiamo pure che vada come dice lei – ma si tratta di un atto di pura fede, intendiamoci  …»

«Non insinui oltre. Si tratta di un’affermazione insindacabile»

« … Perché mai le altre potentissime organizzazioni dovrebbero consentirvi di eroderne il potere e la ricchezza?»

«E pensa che noi aspettiamo la loro autorizzazione? Sapesse quante informazioni abbiamo accumulato su di loro … E questo ci serve a difenderci. Ogni giorno cercano di fermarci: con le minacce, con le lusinghe, con gli attacchi informatici e con le scalate ostili. Ma noi contrattacchiamo. Siamo in guerra. In guerra per stabilire una nuova forma di democrazia, consona ai tempi e allo sviluppo tecnologico in atto»

«Intende dire che avete un progetto politico?»

«Non siamo un partito, e neppure un movimento. E non ci interessa diventarlo. Però, se la sua domanda significa: vi muove un ideale? Beh, la mia risposta è “sì”»

«Scusi, ma se voi non guadagnate dalla vostra attività, di che vivete?»

«Guadagniamo quello che serve per continuare a pagare gli stipendi e a investire nella ricerca. Abbiamo un codice etico al riguardo. La cosa funziona così: chiediamo una collaborazione ai nostri fruitori in termini d’informazioni. Si tratta di informazioni che le persone o le organizzazioni ritengono di poter cedere riguardo a se stesse, a titolo gratuito, poiché valutano che la loro circolazione non le pregiudichi. Le informazioni vengono poi vendute …  »

«A chi: agli stessi big data concorrenti e con i quali siete in guerra?»

«Conosce Carl Schmitt? È stato un grande filosofo del diritto tedesco. Malvisto dai nazisti, perché troppo “romano” e filo-cattolico, e malvisto dopo la guerra,  per via del suo passato nazionalsocialista. In realtà, politicamente parlando, era un conservatore, fedele agli ideali prussiani. Ma, quello che più conta è il suo acume di pensiero. Beh, Schmitt, che studiò a fondo la problematica dell’inimicizia, differenzia l’inimicizia relativa da quella totale. Il partigiano, ad esempio, nutre per il suo antagonista un’inimicizia totale; gli eserciti regolari dovrebbero essere animati, invece, da un’ostilità relativa, capace, cioè, di sottostare a regole stabilite. Purtroppo, il Novecento ha mescolato definitivamente le carte e il Terzo Millennio ha accresciuto la confusione. Gli eserciti regolari agiscono pressappoco come quelli irregolari. Al contrario, noi crediamo fermamente che il nemico sia un avversario e non un’entità da distruggere in forma assoluta. E un avversario non lo si combatte soltanto: lo si riconosce nella sua dignità e si dialoga con lui»

Devo ammettere che questa figura misteriosa mi seduce intellettualmente. Ha carisma Mi attendevo un tecnocrate e trovo un politico, per di più colto. Merce rara, di questi tempi. Come giornalista, però, so che non devo innamorarmi del personaggio, e che adesso, più che mai, devo provare a intrappolarlo nelle sue contraddizioni. Devo smascherarlo.

«A proposito di etica. Minorenni che forniscono indicazioni su genitori, fratelli, sorelle, parenti, insegnanti. Non vi fate mancare niente alla Spyng-by-yourself, non le pare?»

«In cauda venenum … Mi dispiace che anche lei cada in questo luogo comune. Si tratta certamente di una questione delicata e non facile da risolvere …»

«Basterebbe non accettare le spiate dei minori. In che consiste la difficoltà?»

«Consiste, prima di tutto, nel fatto che non è facile distinguere un minorenne da un maggiorenne, se decide di mentire sulla sua età … »

«Con tutti gli strumenti di analisi e di confronto dati che possedete, possibile che non riusciate a risolvere questo problema?»

«Le posso dire che il problema ce lo siamo posti da tempo, ma che ancora non abbiamo dei sistemi sicuri per attribuire con certezza l’età. Comunque, le assicuro che ci stiamo lavorando e presto appronteremo una scrematura più rigorosa. Sappia che già adesso, comunque, laddove scopriamo che l’utente è senza ombra di dubbio un minorenne  blocchiamo il contatto. E siamo gli unici a farlo, mentre le grandi compagnie commerciali del Web fingono di eseguire un vaglio assolutamente fasullo …»

A questo punto, il mio interlocutore si alza e le luci aumentano d’intensità.

«Mi scusi, ma lei non ha risposto a una mia domanda!»

«Ah, no? Mi sembrava il contrario. Di che si tratta? Faccia presto, signor Derantolis, non ho più tempo da dedicarle »

«Non mi ha rivelato quale ruolo lei ricopre nell'attuale organigramma della società … »

«Un sistema dinamico ha bisogno sempre di nuovi equilibri, visto l’adattamento costante a cui lo obbliga la realtà. SBYC è un organismo giovane e potente, duttile e aperto al cambiamento, e deve misurarsi con un mondo turbolento e caotico. In questo quadro io rappresento le ragioni della continuità, le radici senza le quali la nostra creatura rischierebbe di farsi male, come quei ragazzi un po’ sfrenati che, il sabato sera, guidano a grande velocità, magari avendo alzato il gomito o sniffato cocaina. Insomma, io rappresento qui la figura dell’adulto esperto, che siede accanto al giovane conducente …»

«La ringrazio, signor … Signor?»

Di nuovo l’inquietante ghigno simile a un colpo di roncola.

«Ringrazio io lei, Derantolis, è stato un degno avversario. Divertente. Spero che anche lei si sia divertito»

«Divertito? … Forse. Di sicuro, ho trovato la nostra conversazione molto interessante»

«Me ne rallegro. Buona fortuna per il suo articolo, allora! Lo leggerò con curiosità»

«Non vuole che glielo sottoponga, prima di pubblicarlo?»

«Non ce n’è bisogno …».

Mentre le fotoelettriche mi obbligano ad abbassare lo sguardo, odo Mr. - o Lady, perché no? - Spyng-by-yourself e i suoi dioscuri uscire dalla parte opposta della stanza. E rimugino sull’ultima frase sibillina che “il fondatore” mi ha dispensato. Probabilmente leggerà l’articolo prima che io lo spedisca al giornale, rifletto, intrufolandosi nel mio computer. Oppure sarà mia moglie, o i miei figli, o il mio direttore, a passarglielo, tanto per migliorare la propria posizione nel borsino della Spyng-by-yourself Corporation. Chissà …

Le vie del Web sono infinite.