‘I PATUT’

                                          ‘I PATUT’

Chiacchiere del dopopartita

con Orazio Cane, 

celebre tifoso del Napoli Calcio

 

      di Franco Saltafuosso

 

      Da molti anni, al termine di ogni partita del Napoli, sono solito raccogliere i salaci commenti rilasciati al bar della Galleria Umberto da “don Orazio”, re dei tifosi napoletani. Se quest’ultimi, si sa, sono focosi e passionali (la città li chiama “i patut’”, cioè quelli che patiscono, che soffrono per antonomasia), egli appare addirittura “fumantino”.  Orazio Cane quasi sempre impasta le sue sfrigolanti metafore mescolando dialetto e lingua italiana, e le intinge nella più mordace ironia. Da lui piovono parole sempre accolte con attenzione e rispetto dalla scalmanata turba che inneggia o si dispera sotto le auguste volte della galleria ottocentesca, negli accesi dopopartita. Infatti, quest’uomo ha maturato negli anni una grande sagacia calcistica, una vivida coscienza del rapporto che intercorre tra la squadra e la città. A lui, come a me, e a tutti i  supporters del Napoli dedico questa modesta ma sentita rubrica.

 

 

 

 

FS – Don Orazio, bellissimo, come state? Ho tanto piacere che abbiate accettato che io di pubblichi ‘sti doje chiacchiere, anche se, bisogna dirlo, questo è proprio un brutto momento per mettere mano a una rubrica di calcio. E voi sapete a che alludo … Ma penso che l’unica risposta alla disgrazia patente sia di far lavorare il nostro cervello. Vulisse vere’ ca’ ce serve a quaccheccosa?

OC – Don Ciccillo bello, è un piacere … e speriamo serva a mitigare i nostri dispiaceri di accaniti tifosi partenopei, incacchiati assai.

FS – E, allora, mettiamoci all’opera. Secondo me, non si può che cominciare dallo stato di confusione e di scoramento che vive la squadra dopo l’esclusione dalla Champion’s Cup (a mme, però, me piace ‘e chiammarla alla vecchia maniera, “Coppa dei Campioni”: me lo consentite?) e dopo le due sconfitte e il pareggio, con squadre nettamente inferiori sul piano tecnico, ottenute nelle prime quattro giornate di campionato.

OC‘On Ciccì’, e allora c’ vulimm’ piglià pe’ c.? Ma quale scorament’ e scorament’, chest’è gent’ ca guadagna milioni di euro ogni anno, mica stann’ in cassa integrazionee se pure c’ veniss’ nu poc’ e uallera  dopo una sconfitta in casa col Chievo - col Chievo, nientemeno, ‘nu quartiere e’ Verona ! - gli dovrebbe bastare dare un’occhiata all’estratto conto bancario per fargli ritornare il sorriso sulle labbra e due palle d’acciaio int’a mutanda. Ma no comm’a Enrico Letta, sinno’ stessem inguaiat’ overamente! E invece, niente di tutto ciò: n’ata sconfitta coll’Udinese e ‘nu paregg co’ Palermo … Ma ve ne jat’ o no?! 

FS– Va bene, vedo che vi state scaldando. Ma veniamo al dunque, cioè ai problemi tecnici che sono emersi in queste prime partite; vi rammento i mali più evidenti, al resto pensate voi. Il Napoli ha vinto una sola volta e ha imbarcato sempre goal. La fase difensiva fa acqua e quella d’attacco, quando non si blocca, perde di lucidità dopo le prime fiammate. I reparti sono sfilacciati. Il centrocampo non ha idee. La squadra si perde in un possesso di palla sterile e noioso, fatto di mille passaggetti laterali o di estenuanti giocate all’indietro. Hamšík e vari altri giocatori sono forzati da Benítez a destreggiarsi fuori della loro naturale posizione.

OC“E dic' ma io e dic' ma tu, e so d’accordo, e che taggia ricere e che t' pozz' ricere e che toddic' affà” … Vi rispondo in questo modo, Don Ciccillo bello, con una frase diventata famosa, datosi che così comincia ogni sua performànce  il mitico comico Paolo Caiazzo, in arte Tonino Cardamone. Io sono d’accordo su tutta la linea, ma c’ sta ‘n’ata cosa che proprio manca alla nostra squadra … la cattiveria … Io nun dic’ ca c’hanna scassà e cosce agli avversari, ma ‘nu fallo quann’ c’ vo’ c’ vo’E ch’è: facit’ e ballerine? A questo proposito aggio letta ‘na statistica che è overamente emblematica: il Napoli è una delle squadre che commette meno falli sugli avversari … Azz! Ma cio vulit’ metter’ o piedino ogni tanto o pensate  “E nooo, meglio che no, ca po’ s’ rovina o tatuaggio ‘ngopp’ ‘o polpaccio” ?! ‘O tatuaggio? Ma io v’ tatuass’ ‘nu bastone ‘ngopp’ a ‘na chiappa … e scusate Don Ciccì, ma m’aveva sfugà !

FS – Giusto giusto, ma per tornare all’argomento accennato poc’anzi, a me pare che non solo il pubblico sia sfiduciato, ma abbia perso speranza lo spogliatoio stesso. Con grave perdita di autostima dei singoli e, soprattutto, del collettivo. E forse la stessa difficoltà la vivono, ciascuno per proprio conto, anche il tecnico e il presidente. Solo che questi ultimi due hanno delle gravi responsabilità: nella preparazione atletica e nella disposizione tattica il primo; nell’incongrua campagna vendite e acquisti il secondo. Il presidente poi, vigliaccamente, ha deciso di scomparire agli occhi del pubblico, almeno fin quando la squadra non riprenderà quota. Se riprenderà quota. De Laurentiis, svanito dagli stadi, dà l’impressione di volersi fisicamente dissociare dalle sorti del Napoli e abbandonare l’allenatore ai suoi problemi, come per insinuare che lui, personalmente, con questa crisi ha poco a che vedere. Mentre tutti pensiamo che è vero il contrario. Aveva tanto blaterato di un grande e lungimirante progetto di crescita, ma sembra non averci creduto lui per primo. O no?

OC – E qua veniamo al dunque (e ci facciamo seri. O quasi …). Il progetto, già … già, o’ progetto:  nessuna squadra ha mai vinto nulla senza un progetto, e un progetto si sa, deve tener conto dell’ambiente in cui realizzarlo. Parlo del cosiddetto “genius loci” … e il nostro “locus”, dobbiamo dirlo, è problematico assai … Napoli è una piazza difficile per tutta una serie di motivi, che non possiamo affrontare in questa sede. Mica è un caso che ha vinto solo due scudetti in tutta la sua storia calcistica e che, per farlo, c’è voluto Maradona, cioè il più grande calciatore di tutti i tempi … E pure allora – v’o arricurdate, ‘gnovero? - non è stato facile e ci sono voluti tre anni, ripeto tre, dopo il suo arrivo, per conquistare il primo titolo. Ne’, tre anni per realizzare il progetto, e parliamo di un progetto che si basava su solide basi: un allenatore, Bianchi, scorbutico,  forse antipatico, ma grande motivatore, capace di unire filosofia, pratica del lavoro e ottima conoscenza dell’ambiente (infatti, aveva giocato lungamente a Napoli, fra gli anni 60 e 70); un giocatore, il migliore del mondo, intorno al quale è stata costruita una squadra di altri ottimi calciatori e di gregari ubbidienti; e un pubblico che, finalmente dopo decenni di delusioni, non solo si mostrava caldo, ma, che maturando anche lui e facendosi compiaciuto e orgoglioso, rappresentava sempre il dodicesimo uomo in campo, pronto a incoraggiare e a spingere la squadra anche nei momenti difficili. Ecco, quello è stato un vero progetto. E un grande Napoli!

F – Bei tempi quelli, non mi ci fate pensare don Orazio, ché se no mi parte il cuore. Ma oggi?

O - Probabilmente, oggi, neanche Messi o Cristiano Ronaldo riuscirebbero da soli a scalare la vetta del campionato, neppure uno sceicco con centinaia di milioni di dollari da investire sul Napoli ci potrebbe portare all’orgasmo calcistico, figuratevi De Laurentiis, sceicco dei cinepanettoni! Il problema, come avete dolorosamente fatto presente voi, è avere il progetto. E un grande progetto non può partire che dalla matita di un grande architetto; e qui, secondo me, sta il maggior errore di De Laurentiis, quello di affidare la squadra a Benitéz, uomo simpatico, pacioso, e capa tosta, che non accetta nessun consiglio; uomo, intendiamoci, dal grande curriculum e successi calcistici … Sì, ma dove? In Spagna, in Inghilterra. E però, che ne sa lui di Napoli, che ne sa questo madrileno del “genius loci” … Benitéz ha pensato di poter trasportare la sua filosofia di vita, prima che calcistica, in una piazza che è unica nel suo genere … fra il bastone e la carota lui preferisce senz’altro quest’ultima. A Napoli, invece, la carota non serve. Ueh, Don Rafè, ma nu bellu mazziatone, no? … E poi, “se perdiamo col Bilbao non è una tragedia”, annuncia prima dell’incontro. Non è una tragedia? … Ma chi, ma che, ma che dici? Ché a Napoli non solo è una tragedia, ma il giorno dopo una partita importante persa, c’è il più alto tasso di assenteismo sul lavoro! Nooo, Don Rafè, non ci siamo proprio: a carota vabbuon’ int’a paella, ma ‘ngopp’ ‘o spaghett’ a vongole nun ciazzecca manc’ ‘nu ppoco!

Eppure, malgrado tutto, la nostra fede resta immarcescibile, e speramm di risalire la china, per raggiungere non dico lo scudetto, ma almeno quelle posizioni di vertice a cui, negli ultimi anni, ci eravamo abituati. Approfitto del vostro giornale per lanciare un appello in Spagnuolo: Don Rafè, ma perlomeno ‘nu terzo posto in campionato e ‘na Coppa Uefa ce ‘e bbuò fa’ vere’? E ho detto tutto.

FS – Grazie molte, Don Orazio, come sempre siete stato illuminante, un faro a cui si volgono i naufraghi nella notte tempestosa del Napoli Calcio.