PROFESSIONE: OPERATRICE DELL’INFANZIA

  • Print

 

 

 

 

PROFESSIONE: OPERATRICE DELL’INFANZIA

 

 

  di Ivan Battista

 

 

Bambino, se trovi l’aquilone della tua fantasia
legalo con l’intelligenza del cuore.
Vedrai sorgere giardini incantati (…)
Ma prima di imparare a scrivere
guardati nell’acqua del sentimento.

Alda Merini, Poesie

 

Un antico andante della nostra italica cultura recita così: “Dammi l’anima del bambino e avrò l’uomo per tutta la vita.”. Mai frase potrà essere più profetica. In effetti, l’imprinting infantile gioca un ruolo determinante nelle vite di tutti e ciò che esperiamo fin dai primissimi mesi è fondamentale per lo sviluppo sia cognitivo sia psicologico.

 

 

 

Ad esempio, se s’intende l’amore quale relazione in cui circola un affetto incondizionato e oblativo, la prima vera e importantissima esperienza amorosa è quella che si ha con la propria madre. Nella stragrande maggioranza dei casi, la madre è presente, amorevole e accudisce il suo bambino, ma non è sempre così. Ci sono anche casi di inadeguatezza materna che vanno dal lieve al grave.

 

 

 

In psicologia infantile, l’insufficienza amorosa primaria meno evidente è detta “carenza larvata” ed è la più difficile da individuare perché ben nascosta e, per questo motivo, è potenzialmente anche la più devastante. Il mestiere più difficile al mondo è quello del genitore e della madre in particolare. Per fortuna, nel nostro ordinamento statale esiste una organizzazione scolastica di grande aiuto (con fior fior di professioniste) che si prende cura dell’infanzia fin dai primi mesi. Non è sempre stato così.

 

 

 

La pedagogia in senso moderno nasce nel diciottesimo secolo capitanata dagli svizzeri Jean Jaques Rousseau (che credeva nell’innata bontà dell’essere umano) e Johann Heinrich Pestalozzi (che, invece, riteneva l’essere umano dominato da istinti e passioni animalesche).

 

 

 

La puericultura, poi, intesa non soltanto in senso medico pediatrico, assesta le sue teoresi nel diciannovesimo secolo. Nel nostro Bel Paese l’organizzazione scolastica, soprattutto quella dedicata alla prima infanzia, ha una storia lunga e interessante ed è arrivata ad un grado di complessità e competenza davvero notevoli.

 

 

 

Da Maria Montessori a Giuseppina Pizzigoni, entrambi i loro metodi pedagogici sono conosciuti dalle Educatrici e dalle Insegnanti della scuola dell’infanzia italiana.

Almeno in questo settore primario siamo giudicati tra i migliori d’Europa se non del mondo. La cultura dell’alma mater, della madre nutriente e protettiva, che è tutta “mediterranea”, forse ci ha dato una mano. Sta di fatto che l’Italia pedagogica odierna annovera tra le professioni dedicate alla prima infanzia le figure delle Educatrici e delle Insegnanti.

 

 

 

Se partiamo dal presupposto che appena nasciamo la storia comincia a svolgersi nella nostra vita e che noi ne saremo l’inevitabile illustrazione, possiamo meglio comprendere il fondamentale e insostituibile ruolo delle Educatrici e delle insegnanti della scuola dell’infanzia. Arrivati ad una certa età i fantolini (termine arcaico toscano a me tanto caro che sta per bambini, vedi Dante, Purgatorio, canti XIV, v. 121 e XXIV, v. 108) transitano dalle cure materne anche alle cure partecipative delle Educatrici dei nidi prima e a quelle delle professioniste della scuola dell’infanzia poi.

 

 

 

         Nella psicologia analitica junghiana l’archetipo del Puer e della Grande Madre si appartengono l’un l’altra: l’uomo puer è posseduto da, o è egli stesso, un complesso materno. Perciò, è importantissimo considerare, per esempio, che il Puer soccombe alla madre, l’eroe invece l’affronta per superarla. Al di là del fatto che un complesso possa essere negativo o positivo a seconda dei valori e delle realtà propri dell’Io, non va perso di vista il fatto che il bambino è un organismo fisico e psichico in forte evoluzione e che il suo “destino” è quello di “passare”. Il bambino passa oltre, cammina, si dirige e tende a volare col pensiero e più di ogni altra cosa con la fantasia. La creatività è Puer.

 

 

 

        Detto, ciò, se il bambino è “trattenuto” ad esempio da una figura materna troppo accudente e ansiosa, in una parola: iperprotettiva, il suo destino sarà quello di non riuscire a “volare” nella vita. Considerando gli aspetti di rischio dell’archetipo del Puer, è importante comunque che la spinta verso l’alto, la creatività e lo sviluppo sia integrata e assecondata da presenze psichiche di saggezza, rappresentati nella sizigia junghiana dall’archetipo del Senex. La saggezza, la sapienza, la competenza, il calcolo e la preparazione sono tutti aspetti del Senex. Nel confronto Educatrice-Insegnante dell’infanzia/bambino, l’apporto di professionalità, di competenza pedagogica e di capacità progettuale di tali professioniste è determinante per il migliore e più sano sviluppo non solo delle abilità curriculari del bambino, ma anche e soprattutto della sua psicologia. Il bambino-eroe è agevolato dalle Operatrici dell’infanzia nel suo iter emancipativo e di autonomia.

 

 

 

Le Educatrici e le Insegnanti sanno anche che il bambino, secondo la teoria freudiana, è un esserino “perverso e polimorfo”. Non angelicano i bambini, errando completamente la loro costituzione e rischiando di perdere l’opportunità di un intervento più adeguato. Il bambino è “perverso” perché ricerca il piacere senza alcun interesse a fine riproduttivo ed è “polimorfo” perché ricerca sempre il piacere attraverso vari organi e tramite varie zone erogene. Quindi, non si scandalizzano per tali teorie, le hanno studiate bene e quando un bambino cerca il loro abbraccio sanno benissimo che è una libido intesa quale potente forza di vita che li spinge tra le loro braccia.

 

 

 

Le Operatrici dell’infanzia hanno ben chiaro che la caratteristica del bambino è il movimento: guai se un bambino non si muove e sta sempre fermo, vuol dire che ha dei seri problemi. Dunque, l’infanzia è una fase della vita “sulla strada” più di qualunque altro periodo. Una delle sue direzioni obbligatorie è quella che lo porta all’emancipazione dalla figura materna in primis e anche da quella paterna, in secundis.

 

 

 

La professionista dell’infanzia, Educatrice o Insegnante che sia, per formazione specialistica è consapevole del suo importante ruolo di “oggetto transizionale” pur essendo una persona e sa come operare. Presenze importanti, succedanee della figura materna, le Educatrici e le Insegnanti della scuola dell’infanzia accompagnano il percorso del bambino dal suo mondo soggettivo (e onnipotente) all’oggettivo (che prevede la deflazione dell’onnipotenza), dalla forte attrazione gravitazionale materna a quella paterna e oltre.

 

 

 

Viaggio interplanetario quello del fantolino che s’inoltrerà nell’universo della sua esistenza in quanto individuo unico e irripetibile. Cariche di conoscenze in puericultura, psicologia infantile, pedagogia e tant’altro le Operatrici dell’infanzia sono un punto fermo insostituibile nell’organizzazione scolastica che si prende cura dei nostri figli fin dai primi mesi delle loro vite. Il loro lavoro è un Magnum Opus, inteso proprio come itinerario alchemico che realizza la trasformazione dell’Homo vulgaris (l’uomo comune) in Homo aureus (uomo purificato e prezioso), quindi, degno del massimo rispetto e della massima considerazione.

 

 

 

Se è vero che i miti sono delle bussole in grado di orientarci con precisione nella vita, è importante nel nostro caso parlare di alcuni di essi.

Il mito di Horus, di Demetra, di Icaro e di Psiche, sono storie antiche che se ben interpretate e capite possono darci una mano a districarci nella “selva oscura” dell’esistenza.

 

 

 

 Il mitologema di Horus che si trasforma in sparviero e vola al di sopra del padre. Quello di Demetra che fa letteralmente castrare suo figlio Attis pur di non perderlo e annoverarlo accanto a sé per sempre come suo sacerdote.

 

 

 

Il volo di Icaro, Puer per antonomasia, che si schianta inebriato dal volo e refrattario ai richiami del saggio padre Dedalo. Infine, ultima in questa mia carrellata, ma non meno importante, la dolce fiaba di Psiche, contenuta nel quarto capitolo del libro L’asino d’oro di Apuleio, che perde l’amore di Eros (dio così potente al quale si assoggettano tutte le divinità dell’Olimpo) perché non resiste alla curiosità di vedere il volto del suo amato.

 

 

 

Quanta saggezza, quante indicazioni, quanti esempi da seguire o da non seguire sono contenuti nei miti. Il volo di Horus è un librarsi per vendicare l’assassinio del padre Osiride da parte del fratello Seth, quindi un volo di riscatto. L’ansia di possesso di Demetra nei confronti del figlio Attis è un esempio di amore narcisistico genitoriale, rovina di molti figli, specialmente maschi. L’impennata di Icaro è la storia di tanti uomini puer che non hanno integrato le loro particolarità psichiche infantili, non sono cresciuti e che si sono infranti nella vita.

 

 

 

Per ultimo il mito di Psiche, che cerca di conoscere Amore guardandolo in viso al chiarore di una lucerna ad olio, inconsapevole che Egli nel momento in cui sarà illuminato svanirà. Come dire, se si pretende di razionalizzare l’amore questi sparirà, perché il Logos apollineo (Apollo è il dio della luce e della ragione) è l’antitesi di Eros.

 

 

     

Le competenze professionali delle nostre Operatrici dell’infanzia sono colme di conoscenza e si pongono in una dimensione del sapere che è sì amorevole, ma non soffocante, è sì competente, ma mai soverchiante. Le Educatrici e le Insegnanti dell’infanzia sono consapevoli che il grande viaggio della vita inizia con un primo traballante passetto e che è determinante che venga posto in maniera corretta. A questo è dedicata la loro intera vita professionale ed è perciò che dobbiamo loro grande stima ed enorme riconoscenza.