UN’ESTATE IN RUSSIA

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UN’ESTATE IN RUSSIA 

 

 

        Reportage di viaggio di Luciana Zollo

 

L’ATTESA

L’anziano indossa un paio di pantaloni senza forma: lunghi e larghi, di colore indefinibile, stretti in vita da una cintura di cuoio. Nonostante faccia piuttosto caldo, usa il giubbotto sopra una camicia a quadri dal collo liso e spiegazzato. Si direbbe un campagnolo. La bambina é minuta, vestita con cura e pettinata con la coda di cavallo; sotto la frangetta, si spalancano due occhi grandi e luminosi, di un azzurro intenso. I suoi lineamenti sono delicati, ed é in loro contemplazione che il volto rugoso del vecchio si atteggia in un continuo sorriso.

Si tratta probabilmente di un nonno con la nipotina. Viaggiano sulla metropolitana diretta a gran velocitá verso la stazione Komsomolskaya e sostano in piedi davanti alla porta automatica del vagone, che si aprirà tra breve.  Isolati dal resto dei passeggeri nell’intimità che li avvolge, sembra che stiano vivendo un’attesa emozionante, pregustando ciò che verrà. Il busto dell’anziano si mantiene curvo e inclinato su un fianco, verso la piccola che ascolta, protesa e attenta, le parole di lui all’orecchio. Il rumore della metropolitana in corsa é invadente e continuo, ma non sembra intralciare il loro dialogo, pacato e sommesso. Quella del nonno é probabilmente una spiegazione, o forse un racconto, accompagnata da minimi gesti della mano destra, mentre la sinistra, quasi senza peso, poggia sulle spalle della bambina orientandole delicatamente verso la porta che si schiuderá tra poco. Trascorrono i lunghi minuti di quella che sembra l‘attesa di un avvenimento importante, lì, fuori da questo involucro metallico e da questo tempo sospeso. 

La luce biancastra che illumina il vagone, lo sfrecciare anonimo delle stazioni, la presenza opaca dell’insieme dei passeggeri sembrano la scenografia escogitata da un regista sapiente per dar rilievo alla coppia in attesa, con la sua allegria trattenuta, con la sua educata pazienza, preludio alla gioia che li aspetta. Scoperta, avventura o incontro, sarà una novità oppure qualcosa di amato da tempo, con cui si ritroveranno finalmente.  Ma la vera felicitá è in loro, è già piena e completa nell’istante in cui si fa sentire lo scatto anelato del meccanismo di scorrimento delle porte automatiche del vagone.

 

 

 

FIORI

Sembrano scivolare, i fiori, per le strade affollate, in continuo movimento, sostenuti da braccia o stretti in pugno. O si mostrano come macchie variopinte, straripanti dai cesti ai bordi dei marciapiedi o dai secchi d‘acqua delle venditrici improvvisate. Colgono l´occhio di sorpresa nell’andirivieni, nello sfiorarsi di gomiti e di spalle, nell’incedere deciso del mattino, nel flusso più lento del rientro, alla sera. Sono per lo piú le donne a portare i fiori come un distintivo, forse un segno di riconoscimento o di conferma: l’estate è qui. I fiori sono una risposta viva alle incertezze sul tempo, sul clima e la stagione, sull’età e sull’umore. Non lasciano dubbio alcuno, in una città ed una terra che il freddo ed il buio avvolgono per lunghi mesi ogni anno: è tempo di fiori, anche solo di un gladiolo, o una dalia, che fa da scorta nel percorso verso il negozio, o l’ufficio, o di ritorno a casa, nelle ore di punta. Spontaneamente, si creano perfette combinazioni cromatiche con le camicette vivaci, le giacche leggere color pastello, gli spolverini alla moda delle più giovani.  I fiori certificano l’esistenza in atto, la gaiezza anche di un solo giorno, o di qualche ora, nel percorrere o attraversare Nevsky Prospekt, o le altre strade o viali animati.

Non ricordo il viso della ragazza alta e tranquilla che, ieratica sul gradino di una scala mobile, in discesa verso l’insondabile abisso del treno sotterraneo, sosteneva tra le braccia un mazzo di crisantemi gialli. Mentre risalivo in superficie sulla scala parallela, in direzione contraria, la luminosità generosa di quei petali mi sembrò sconfiggere senza rimedio quella delle ritmate emanazioni proveniente dalle grandi lampade disposte al centro, tra un corrimano e l’altro, in opposte pendenti.

Cilindri allungati di vetro opaco, sostenuti in alto e in basso da un cerchio di ferro battuto, ricordavano i fanali che illuminavano le strade, o i fianchi dei palazzi, in tempi andati. La fila interminabile delle lucerne severe sanciva la certezza delle regole di quel regno profondo, minaccioso per chi non è attratto dall’oscurità, in cui rischiarare è un atto dovuto, senza gioia. Per me il pericolo era scampato, ma la ragazza scendeva. Se anche avesse incontrato un l’inferno là sotto, i fiori gialli l’avrebbero sicuramente mantenuta a salvata.

 

 

 

OGGI SPOSI

Verso mezzanotte il locale è stracolmo e promette di restarlo ancora a lungo. L’insegna luminosa indica: “Aperto 24 ore su 24”. Una ragazza ed un ragazzo, giovanissimi, appena entrati, dopo qualche momento di esitazione, si accomodano ad un tavolo laterale, sedendosi l’uno accanto all’altra, come se fossero affacciati a un balcone, o ad un palco di teatro. Gli sguardi sono un po´stanchi, la loro giornata dev’essere stata lunga. Biondi e minuti, sono vestiti da sposi. Lei, in abito tradizionale: ampia gonna di tulle, corsetto scollato e velo corto, ma ampio, che poggia sulle spalle. Il viso, pesantemente truccato per l’occasione, rivela una giovinezza disarmante. Il ragazzo appare piú disinvolto: orgoglioso del suo taglio di capelli asimmetrico, alla moda, sfoggia un completo grigio di gilet e pantaloni, senza giacca. Contrasta con il bianco della camicia uno sfavillante farfallino di raso bordeaux. Ordinano da bere e sorseggiano assorti, ipnotizzati dal movimento dei clienti del locale, per lo più di età matura, che ostentano prosperità e certezze nell’abbigliamento, negli atteggiamenti e nei toni di voce.

La musica in sottofondo appesantisce l‘atmosfera. I ragazzi, che si scambiano appena qualche parola ogni tanto, trascorreranno la notte nell’imponente hotel di cui il ristorante occupa solo un’ala del pianterreno, di fronte ad una delle entrate del Cremlino, all’angolo tra la Mockovaya e la Tvetskaya.  Il solenne edificio di stile classico promette loro, mentre si lasciano cullare da quella movimentata ed anonima mondanità, un riposo sicuro.

La visibile estraneità dei due giovani all’ambiente che li circonda dimostra quanto si possa sentire spaesato nella capitale chi viene da fuori. Del resto, non è imbarazzo quello che esprimoni i loro volti, i loro atteggiamenti ed abiti, ma semplicemente una mancanza di adesione, di appartenenza. Gli sposi torneranno alla loro realtà e ricorderanno come un’esperienza stravagante questo soggiorno di poche ore in un locale scintillante. Ora, è sufficiente saziare gli sguardi e sprofondare in questi istanti, sotto il fascino di segnali indecifrabili, in preda a un’attrazione momentanea e struggente. Per i due giovani di provincia, o di periferia, il tuffo nel centro della metropoli il giorno delle nozze dovrebbe esaudire un desiderio.  Eppure, proprio nel momento della sua presunta soddisfazione, appare una scintilla che lo riaccende, lo rinnova, rivelandone tutta l’intensità e, di fatto, tutta l’irraggiungibilità. Per questo, dalle espressioni trasognate dei due ragazzi emerge a poco a poco un senso di tristezza, inconciliabile con ogni forma di appagamento. Quel desiderio forte e vero, coltivato da tempo, nel momento stesso in cui dovrebbe realizzarsi, sta spostando il suo oggetto in avanti, facendolo allontanare. E rivela così la sua vera natura, che è quella del sogno.

I giovani sono protagonisti del vano inseguimento di qualcosa che avrebbe potuto essere, ma che è sfuggito, e che, allora, è preferibile continuare a desiderare, anche all’infinito, anche con tristezza: il sogno di un’altra vita, di un altro destino, di un’altra storia. Irrealizzabile.

Nella realtá, l’unico modo per placare l’ansia di un sogno che sfugge è fissarlo in oggetti di poco valore e di visibile fragilità, in momenti brevi come questo, in sostanze materiali e precarie, ricoperte appena di un po’ di patina brillante.  Come le piccole stelle rosse di fantasia appuntate alle giacche - bianche! – delle cameriere, a simulare uniformi splendenti indossate in tempi gloriosi. O come le grandi stelle rosse luminose accese sulla punta delle torri immense, sentinelle severe delle porte d’ingresso al Cremlino, ancor più luccicanti del solito in questa notte, per l‘occasione illuminata dalla generosità della luna.