NESSUNO TOCCHI VIRGINIA

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 NESSUNO TOCCHI VIRGINIA*

 

 

 

di Opicino De Magistris

 

*L’articolo esprime soltanto il libero pensiero dell’Autore e non una particolare linea politica della testata.

 

No, non è di Virginia Woolf che voglio parlare, ma di Virginia Raggi, Sindaca di Roma. Non sono un iscritto al movimento cinque stelle, ma lo seguo con attenzione e, devo dire, anche con apprensione. Questo movimento nasce dall’esasperazione dei cittadini per il fallimento della politica dei partiti. Qualunque italiano, sia egli il classico uomo della strada sia il più impegnato degli attivisti non ne può più dei balletti d’assegnazione delle poltrone di potere, delle ruberie, delle infamità istituzionali compiute da gruppi politici che, lungi dall’essere “statisti” preoccupati per il bene comune, hanno pensato, invece, e continuano a pensare, solo ai loro tornaconti. L’ultima “malefatta”, secondo me, compiuta su input esterno prima ancora che interno, è stata l’approvazione della legge elettorale detta “Rosatellum”, che agevolerà la costituzione di piccoli gruppi partitici uniti in vaste alleanze di governo traballanti e in netto collegamento con forze oligarchiche; queste non vedono di buon occhio la formazione di un governo saldo e con le idee chiare a proposito della ridistribuzione della ricchezza del Paese.

 

 

La realtà di governo italiana, come molte altre ormai nel mondo, non è determinata tanto dall’autodeterminazione del suo popolo quanto, piuttosto, da gruppi finanziari di potere mondiali. Sono essi che decidono in modo molto mimetizzato, ma decisivo, le linee guida economiche planetarie e, di conseguenza, delle realtà nazionali e locali. Goldman Sachs, Standard & Poor’s, i grandi potentati bancari sopranazionali etc. hanno da tempo preso la leadership di un’economia finanziaria internazionale che fa il bello e il cattivo tempo.

  

 

 

La crescente globalizzazione degli spostamenti finanziari e lo sviluppo del processo di deindustrializzazione dei Paesi occidentali ha condotto ad una deminutio di potere delle politiche economiche, realizzate dalle singole Nazioni, su dispositivi di raccolta sempre più universali. Nel modello di accumulazione flessibile gli Stati sono spinti a lasciare il sistema di protezione sociale, a causa della sua anelasticità, per dirigersi sempre più verso la dimensione di Stato di profitto. Non credo si possa compiere un errore più grossolano in politica economica. Il neoliberismo sfrenato, che sostiene il principio della capacità di autoregolamentazione dei mercati, è fallito, a detta delle dichiarazioni pubbliche dei suoi stessi assertori i quali, però, restano nelle stanze dei bottoni. La realtà cruda ha dimostrato che i mercati non hanno alcuna facoltà di autoregolamentazione e la crisi economica nella quale ci ha cacciato il neoliberismo incondizionato, almeno dal 2008 in poi, sembra ormai insuperabile.

 

 

 

È in questa triste realtà che si muove l’agire della giunta di Virginia Raggi. La sindaca e i suoi assessori, messi insieme con un processo un po' travagliato, ma alla fine efficace, rifiutano la finanziarizzazione della politica. La volontà del loro indirizzo governativo è di ripristinare, per quanto possibile a livello dell’ente locale, il primato della politica sull’economia in generale e su quella finanziaria in particolare.

La determinazione del governo Raggi favorisce la preminenza dello Stato sociale su criteri più moderni e linee guida che mettono la legalità e la trasparenza al primo posto assoluto. L’impegno è quello di giungere ad un benessere diffuso tra le classi meno abbienti e quelle medie che costituiscono l’ossatura di ogni nazione. L’affermazione che non ci sono più risorse per sostenere lo Stato sociale è una menzogna. Le risorse ci sono se s’impedirà definitivamente lo sperpero e la ruberia organizzate di masnade di gangster(purtroppo oggi inserite anche nelle Istituzioni ad ogni livello) specializzate nell’intercettare i bandi di gara e le vie di corruzione che permettono le loro assegnazioni.

 

 

 

Non è un caso che le migliori economie europee siano quelle dei Paesi in cui è ancora saldo un welfare ben gestito, legale e trasparente. Oggi, alla vigilia delle elezioni politiche italiane, che si terranno il 4 marzo 2018, tutti i capi bastone delle varie combutte partitiche sciorinano, scopiazzandolo, il reddito di cittadinanza come passo inderogabile per una più equa ridistribuzione della ricchezza. Un’idea che è nel programma dei Cinque Stelle da sempre.

La scelta di non fare le Olimpiadi a Roma è stata saggia e lungimirante. È di questi giorni la notizia che il comune di Tokio si è indebitato per decine di miliardi di dollari per far fronte all’impegno e che dovrà aggravarsi ancora per almeno altri dieci miliardi. Roma ha evitato l’indebitamento olimpico che avrebbe favorito solo il profitto di imprenditori senza coscienza i quali ne avrebbero scaricato il peso sulla comunità attuale e quella futura, almeno per altre due generazioni.

 

 

 

 In una seguita trasmissione d’intrattenimento televisiva, qualche mese fa un noto giornalista conduttore, dando prova della sua grande incompetenza e disinformazione, chiese a Virginia Raggi, con fare incalzante e quasi accusatorio, come mai il comune non acquistasse tre inceneritori per risolvere il problema dei rifiuti urbani a Roma. Con tutta calma Virginia rispose che sarebbe stata una cosa sciocca visto che la messa a regime dei termovalorizzatori avrebbe impiegato tre anni e che, tra tre anni, le normative europee in arrivo avrebbero reso obsoleti e fuori legge gli impianti. Diciamo che una scelta di questo genere avrebbe potuto essere impugnata con l’accusa di sperpero del denaro pubblico (tre miliardi di euro, uno a termovalorizzatore) e, quindi, danno erariale. La sindaca, con quieta competenza, spiegò qual era il piano per la risoluzione dei rifiuti a Roma: una svolta decisa, anche se più difficile e lenta da attuare, verso la raccolta differenziata a tutto campo.

 

 

 

A me piace Virginia Raggi. Attaccata ad ogni piè sospinto dagli esponenti informativi in mano alle lobbies speculative di potere che controllano giornali, emittenti televisive, radio e quant’altro, mi vien voglia di difenderla perché capisco il suo immenso compito: non permettere l’utile feroce di pochi imprenditori senza scrupoli appoggiati da politici corrotti a discapito della cittadinanza. Addirittura, in casi sempre più numerosi, gli stessi capi d’azienda eletti e inseriti nei gangli della politica istituzionale, fanno profitto sia con leggi approvate a favore delle loro imprese sia sul debito pubblico (il che equivale a dire sulle spalle della povera gente). Al contrario, una politica giusta e lungimirante dovrebbe favorire gli investimenti oculati e legali che creino prosperità per tutti e non danneggino la massa dei cittadini, per il solo guadagno di pochi. Anche uno studente al primo anno della facoltà di Economia sa che lo spostamento della ricchezza verso il 10% della popolazione che lascia scoperta e in sofferenza il resto della comunità, aumenta il patrimonio di pochi, ma inchioda l’economia di quella realtà sociale e la manda in crisi.

 

 

 

        La sindaca Raggi e la sua compagine di assessori stanno attuando proprio questo modo di gestire le risorse della cosa pubblica, ovviamente scontrandosi contro le enormi forze dei poteri occulti che spesso e volentieri operano in maniera del tutto illegale pur di far fare profitto alle loro “protette” realtà imprenditoriali.

 

 

 

Perciò, nessuno tocchi Virginia con l’augurio che possa continuare la sua opera fino alla fine del mandato preparando la strada a qualcun altro che le succeda, il quale, auspicabilmente, applicherà la stessa, rinnovata politica di governo locale contro le speculazioni e gli arricchimenti dei pochi “furbetti organizzati”.