RELIGIONE, ADRENALINA DEI POPOLI?

RELIGIONE, ADRENALINA DEI POPOLI?

UN ALTERCO A GERUSALEMME

 

 

 

        articolo e fotografie di Vincenzo Basile

 

Considerando i quattro morti e 1250 feriti che hanno funestato le manifestazioni anti-Gerusalemme capitale, precedenti il mio arrivo in città, mi aspettavo di trovare una certa tensione tra la gente e per questo notevole è stato lo shock positivo vissuto attraversando Mehane Yehuda (il mercato principale della città, sede della locale movida notturna), tradizionale punto di ingresso per chi arriva dalla costa mediterranea.

 

 

 

 

Era di venerdì e, come consuetudine, quel giorno tutti andavano a far spese per il lungo week end che comprende il sabato, rigorosamente consacrato al riposo.

L’aria frizzante era carica di un’energia vitalissima e allegra, eccitata per l’inizio del ponte festivo: i soldati e le soldatesse in servizio nel quartiere venivano fatti soggetto di foto ricordo da turisti e indigeni e vi era la fila davanti ai ristoranti caratteristici.

 

 

 

Il giorno dopo, sabato appunto, la città appariva quasi deserta a causa del divieto religioso d’intraprendere attività.

 

 

 

La normale quotidianità riprese poi nei giorni seguenti, che dedicai alla visita dei luoghi sacri e dei principali musei, notando in giro una gaiezza diffusa.

 

 

 

Ma il giorno precedente la mia partenza, durante gli acquisti di sfiziosità a Mehane Yehuda, per caso mi sono imbattuto in una discussione così accesa da farmi temere che degenerasse in tragico modo. Vidi da un lato gridare il titolare di un banco di spezie e conserve, affiancato dal suo socio, e dall’altro alzare la voce tre soldatesse in tenuta di guerra.

 

 

 

Non era necessario conoscere l’arabo e l’israeliano per capire che i contendenti stavano aggredendosi coni parole pesanti.

Almeno un paio di volte il titolare della rivendita impugnò un’oliva greca (sì, proprio una di quelle oversize, nere e più toste delle comuni a causa del nocciolo ligneo interno), minacciando di scagliarla contro le combattenti, armate peraltro solo di fucili M16, pugnali e granate. Queste, dal canto loro, non mostravano alcun cenno di cedimento di fronte alla determinazione dei due palestinesi.

 

 

 

Provvidenzialmente, un giovane rabbino, che passava di lì, si frappose tra i contendenti, riuscendo con fatica a dissuadere le militari dall’insistere nella contesa, sottolineando la sproporzione di munizioni a loro sfavore. Non di sole olive greche disponeva infatti il nemico, ma di alcune migliaia di piccole olive verdi, in vario modo condite; e, oltretutto, possedeva anche scorte di cipolle e aglio in soverchiante eccedenza;  senza parlare delle merci contenute nei temibili barattoli di  metallo in dotazione a tutti gli esercenti.

Alla fine le ragioni della pace prevalsero, scongiurando un’escalation dall’esito imprevedibile, e la distensione fu nuovamente ripristinata.

Ma fino a quando, certo, non ci è dato sapere ...

 

 

 

Chissà se la culla delle tre religioni monoteistiche diverrà mai il Tempio Unico della Pace Universale? La risposta, auspichiamo non definitiva - cantò già mezzo secolo fa un futuro premio Nobel - «is blowing in the wind».