LA FILOSOFIA, GIOCO SUPREMO - INTERVISTA A LUCIO SAVIANI

LA FILOSOFIA, GIOCO SUPREMO

INTERVISTA A LUCIO SAVIANI

 

 

 

«La forza formatrice di mondo viene paragonata da

Eraclito l’Oscuro a un fanciullo che giocando disponga

pietre qua e là, innalzi mucchi di sabbia e di nuovo

li disperda.»

(F. Nietzsche, La nascita della tragedia)

 

di Federica Bassetti

 

Insegnante di Storia della Filosofia fino al 2006, di Estetica fino al 2013 e di Teoria dei Processi Culturali presso l'Università La Sapienza di Roma fino al 2016, ma soprattutto filosofo di professione - sebbene sia difficile, oggi più che mai, definire la filosofia un mestiere, di fronte ai mai pensierosi internettologi,

 

 

Il cantautore Francesco Gabbani

 

condannati dal canzoniere Gabbani -, Lucio Saviani conta su un numero copioso di pubblicazioni, di saggi e ricerche dedicate al gioco, com’è il caso del suo ultimo libro “Ludus mundi”, appena pubblicato e accompagnato da un

 

La copertina del recente libro di Lucio Saviani, Ludus Mundi

 

poemetto di Pasquale Panella, poeta, scrittore e paroliere al servizio della musica (molti ricorderanno la sua collaborazione con Lucio Battisti e la più recente con Riccardo Cocciante, a proposito dei libretti per i musical “Notre Dame de Paris” e “Giulietta e Romeo”).

 

 

Lucio Battisti

 

 

Lucio Saviani e Pasquale Panella

 

Considerato il più eversivo dei pensieri, abissale forse quanto il fondo della Metafisica, che, in qualità di fallita “Scienza dell’Essere” è stata da sempre attenta, non senza timor reverenziale, al “ludico” come all’Altro Pensiero sul Mondo, vacillante e invadente quanto l’astratto eppur reale mondo del sogno, contraltare profano di ogni scientifico fondamento, il gioco appassiona Saviani da molti anni e lo costringe al lavoro quanto mai delicato dell’azzardo.

 

 

Friedrich Nietzsche

 

Di ciò testimoniano soprattutto gli studi dedicati a Nietzsche, giocatore impudico e contraddittorio che, disossando scienza e religione fino a ridurle a mere eppure salvifiche illusioni, osava scavalcare i due millenni che ci separano dal mondo della Grecia tragica, per reclamare uno spazio accanto all’Oscuro Eraclito.

 

 

Eraclito (dipinto di Johannes Moreelse)

 

Il “fanciullo” eracliteo che, nella libera interpretazione di Nietzsche sul finire della sua prima opera “La nascita della tragedia dallo spirito della musica”, diventa apparizione ingenua e dissonante proprio quando manda all’aria con un gesto netto e inconscio i castelli di sabbia che pietra su pietra aveva tirato su, celebra l’effimera quanto apparente bellezza della sua costruzione ludica come il sacrosanto e labile velo di Maja che deve essere mille volte strappato affinché si svolga nell’istante la trasfigurazione delle categorie apparenti che inscenano il nostro mondo, il  tempo e lo spazio, stretti da sempre in un empirico e trascendentale abbraccio.

 

 

Chronos (scultura di Ignaz Günther)

 

Come nel mito greco degli inizi quando tutto era pieno e ancor nulla di definito esisteva perché Chronos non era ancora nato. Tralasciando l’immensa questione che il padre cronologico di tutti gli dei, vecchio tiranno divorante, solleva come un’onda perenne sulla riflessione filosofica occidentale, minacciando di portarsi via con la sua potente risacca parte del lido della Storia del Pensiero, viene da pensare che proprio lui, sì il tempo nella sua dialettica secolare, che kantianamente e scolasticamente scopriamo essere la forma superiore dei nostri sensi, è quanto mai annullato, reinventato o risolto in esule incompreso proprio dal gioco, o come direbbe Saviani, dallo “pseudologico”, ambito e ambiente a dir poco fluttuante e misterioso che, se per riflesso diventa nel nostro comune linguaggio, un semplice “come se”, è in verità nel suo primo significato territorio limbico, fantasma, spettro.

 

 

Lady Macbeth afferra i pugnali (Johann Heinrich Füssli)

 

Un attraversamento del surreale nel reale, un’apertura nelle vastità dell’ascolto, un buco che si apre all’interno del visibile e sensibile mondo; insomma come suggerirebbe Nietzsche ancora oggi, un abisso vibrante e guardingo, se è l’occhio del drago che vediamo brillare giù nel fondo.

 

 

Puna, Bhagwan Shree Rajneesh e i suoi discepoli durante il Darshan (1977)

 

Bhagwan Shree Rajneesh, più noto con il nome di Osho nel “L’Armonia nascosta”, capolavoro di saggia e poetica analisi dei frammenti di Eraclito non più edito, celebra la spettrale scoperta dell’adulto quando riflette per pagine e pagine proprio su questo eracliteo messaggio: “Il tempo è un bambino che distribuisce le carte in un gioco”, e in senso profondamente anti-aristotelico il filosofo indiano si trovava altrove a cantare proprio l’inno dello “pseudologico” quando in un’altra sua opera definiva l’esistenza umana con il futuro titolo di un’opera di Pirsig, l’americano dell’arte de “Lo zen e la manutenzione della motocicletta”, e cioè Lila, gioco divino.

 

 

Robert M. Pirsig mentre lavora alla sua amata motocicletta (1975 - by William Morrow-AP)

 

Allo “pseudologico” Lucio Saviani dedica una serie di seminari ospitati dalla Galleria “La Nuova Pesa”, proprio ai bordi di una piazza del Popolo, a Roma, sempre troppo rumorosa, soprattutto il sabato pomeriggio quando l’invasione delle folle è reale e irreale diventa invece, una volta entrati, il sacro silenzio di certe ampie scale a gradoni, marmorei e antichi del palazzetto all’inizio di Via del Corso, dove al secondo piano questa storica Galleria si svolge in una breve elegante teoria di stanze che tra le opere messe in mostra, esibisce soffitti quanto mai preziosi e poi nell’ala più riposta, svela il filosofo, con la sua folta eterea capigliatura brizzolata, il volto colmo di una serenità non vaga ma ingenua, che poco prima di cominciare il suo incontro, ospiti tra gli altri l’attore Cosimo Cinieri e l’avanguardista del teatro italiano Riccardo Caporossi, rilascia la sua intervista.

 

 

Il filosofo Lucio Saviani

 

Le carte in gioco sono sei: menzogna, sogno, gioco, maschera. specchio e racconto e ognuna è l’argomento di un incontro. Figure intrise di Pseudos e da Pseudos partorite, scelte dal filosofo che conosce il peso del suo mestiere, un pseudo-ascoltarsi nella meditazione profonda che si concede solo chi sappia non solo pensare ma giocare con le profondità oscure del proprio pensiero e che ha l’ardire di sollecitare, in senso nietzschiano, della realtà in divenire il sinistro volto che potrebbe essere un mirabile tesoro sepolto oppure la peggiore delle scoperte, il più brutto dei mondi, anticamera della tragica risoluzione terrifica di ogni Edipo e di ogni Elettra.

 

 

Edipo a Colono, accompagnato da Antigone (Fulchran-Jean Harriet - 1798)

 

 

Elettra sulla Tomba di Agamennone (Frederic Leighton - 1869)

 

Il “gioco” è il tema del secondo incontro che Lucio Saviani affronta nella Galleria “La Nuova Pesa”, ospitante negli anni diversi dibattiti filosofici culminanti oggi in questi seminari organizzati da Sfera - Società Filosofica Europea. Una seconda edizione che segue quella dello scorso anno dedicata alla “contemporaneità” che non è e non può essere un’epoca perché non è conclusa e che raccoglie quindi sintomi, voci, insinuazioni intellettuali e contraddizioni.

Così comincia il racconto che ha generato la scelta di un tema che può dirsi davvero contemporaneo e quindi non concluso per qualsiasi tempo, anche per il presente:

LS: «La scelta di Pseudos è come un richiamo perché è una dimensione ambigua, ambivalente e misteriosa nel cui fondo albergano concetti fluttuanti tra il fantasmatico e il realistico, tra il reale e l’irreale, tra il menzognero e il veritiero»,  esordisce Saviani con voce netta ma sottile, tesa sul filo del tagliente argomento:

 

 

Quattro allegorie, Menzogna (Giovanni Bellini - 1490 ca.)

 

«E’ quanto mai difficile rivolgersi alla realtà, quella che abbiamo a disposizione come mondo, come recante l’unico significato di esistenza. C’è altro insomma, soprattutto quando l’irreale che noi non vogliamo riconoscere come esistente, si insinua nella realtà, proprio al suo interno mostrandone la porosità. Indagando i territori irreali, ci si accorge che la realtà è stata a forza posta come un dato primario e solo a partire da essa si è concesso al pensiero il passaggio all’irrealtà. Un gesto metafisico violento questo che impone di pensare l’irreale solo come negativo del reale.».

 

 

Immanuel Kant (ritratto con firma di Scuola tedesca)

 

FB: «Come violenta fu l’espulsione dalla “Critica della ragion pura”, del “noumeno”, “la cosa in sé”. Kant lo pensò come negativo del fenomeno, se avesse dovuto ammetterne la realtà, che pure deve in qualche modo considerare, non avremmo avuto la rivoluzione copernicana che produce il criticismo kantiano. Si parte dal fenomeno con Kant, la conoscenza parte da esso, da ciò che appare.»

 

 

Visione di Sant'Agostino (Vittore Carpaccio - 1502)

 

LS: «Proprio così: da ciò che appare, da ciò che soltanto si vede. Lo scorso mese abbiamo affrontato un primo aspetto dello pseudologico, la menzogna. Sant’Agostino dedica due trattati alla menzogna, concetto paradossale e filosoficamente anti-categorico: non si mente dicendo il falso pensando che sia vero, scrive Sant’Agostino, mentre si può mentire dicendo la verità proprio pensando che sia falsa. Ecco messo all’incanto un vero mistero, come il gioco che, in qualità di concetto pseudologico, attraversa tutta la Storia della filosofia, anzi l’intera nostra Cultura occidentale come un lampo a partire da Eraclito fino al post-strutturalismo francese e che ha la forza di un pendolo, capace di far oscillare tutti i concetti della tradizione filosofica come quelli di oggetto-soggetto, libertà-necessità, lavoro-ozio, realtà-apparenza, vero-finto in vicendevole conflitto e compenetrazione continua, lasciando così aperto il problema della definizione del mondo.

 

 

Bambina con bambola (foto di David Seymour)

 

Il gioco chiama in causa la nostra esistenza concreta e la riflessione si spinge fino a considerare i giocattoli come qualcosa di ambivalente perché sono contemporaneamente oggetti reali ed irreali, se si pensa che proprio durante l’azione ludica guadagnano un significato particolare, straordinario. Per esempio, nel libro di Eugene Fink Oasi della gioia, idea per una ontologia del gioco viene posto il dilemma della bambina che gioca con la bambola. Per la piccola infatti la bambola è una cosa di pezza e lei questo lo sa bene, ma mentre gioca a fare la mamma la bambola è sua figlia. La bimba vive contemporaneamente due condizioni, una reale, l’altra irreale e sa tenerle distinte. La tesi di Fink è che il fenomeno umano del gioco acquista un significato universale, una “trasparenza cosmica”, e che sia il gioco sia il mondo si prestano a essere chiariti l’uno alla luce dell’altro.

 

Eugene Fink con Edmund Husserl

 

FB: «Anche in Fink, allievo di Husserl e Heidegger, compare un’immagine di Eraclito: il bambino che gioca a dadi e che così rappresenta il corso del mondo. Questo mi fa pensare al “Dio formatore di mondo” del giovane Nietzsche, che, incurante e traboccante di forza, genera il tutto come un suo gioco illusorio.

 

 

Gioco del Mondo (Rayuela)

 

Tornando alla nostra vita mondana invece, siamo noi che giochiamo ad essere al centro di un’illusione, come la bambina di Fink che si illude con piacere sapendo bene che il giocattolo, però, è anche cosa reale.»

LS: «Questa realtà illusoria è pseudologica proprio perché deve nutrirsi di elementi concreti e reali per esistere. Ecco che l’irreale trapassa nel reale e il gioco si mostra a chi lo osservi con cautela, ambivalente, quasi schizofrenico, perché si crea un vero e proprio sdoppiamento all’interno della coscienza.»

 

 

Bambino che gioca

 

FB: «Questa del gioco sembra una necessità vitale. Se i bambini non giocano perderanno l’occasione di crescere in modo completo. Ma esiste anche un gioco della Natura, degli animali o come direbbe ancora una volta l’Oscuro, un gioco del mondo.»

 

 

Eraclito e Democrito (Bramante - 1487)

 

LS: «Il gioco è simbolo del mondo, del suo essere senza fondamento, ma nel contempo lascia aperto lo spazio per l’essere delle cose, ricco di significato e di valore. Gli animali non hanno aspettato l’uomo per giocare e anche loro sono capaci di lanciare il messaggio del gioco, sanno fingere per gioco e non hanno imparato da noi. Il gioco è antichissimo, più antico della cultura, come scrive Johan Huizinga in Homo Ludens, pubblicato negli ani trenta e considerato addirittura scandaloso.

 

 

Johan Huizinga

 

Huizinga esamina il gioco come fondamento di ogni organizzazione sociale, come stato pre-culturale, e, per la prima volta, parla del gioco degli animali, della Natura. E ciò che fece scandalo fu non tanto questo, quanto definire la cultura come forma di gioco. Analizzando il libro però, come affermava Umberto Eco, viene da pensare che Huizinga avrebbe potuto andare più a fondo e lasciarci qualcosa di più, vista l’immensità e l’importanza della questione.»

 

 

Umberto Eco nel 1984

 

FB: «Mi viene da pensare che se Heidegger, nella sua enorme riflessione sugli stati della noia e della noia profonda come anticamera dell’intuizione del nulla, dovesse fare i conti con il giochicchiare perenne di questa nostra società dovrebbe fare una fatica terribile ... Nella noia profonda gli enti reali si negano totalmente in quanto enti, ma prima degli enti reali o accanto ad essi oggi abbiamo gli enti virtuali. Come poter inserire lo pseudologico nel sistema di oggi che insiste soprattutto attraverso internet e i social sull’intrattenimento tout court, sul gioco continuo visto solo come divertissement, come passatempo, anzi come scaccia-tempo? Il che è preoccupante proprio pensando alla noia, che non possiamo più permetterci senza senso di colpa. …»

 

 

Martin Heidegger nel 1960

 

LS: «Non sta scritto da nessuna parte che il gioco sia divertimento. Huizinga esamina tutte le lingue indoeuropee e non trova mai questa corrispondenza. Basta pensare alla lingua inglese che con il termine to play indica sia l’atto del giocare, che quello di suonare e di recitare. To play, poi, vuol dire “agire all’interno del gioco” come quando si scelgono le mosse degli scacchi, ma è il gioco stesso a fornire le possibilità al giocatore. Il soggetto non è il giocatore, ma il gioco stesso. In questo nostro sistema le illusioni che ci vengono fornite continuamente belle e pronte, dimostrano l’assenza dello pseudologico.»

 

 

Contesa tra le Muse e le Pieridi (Jacopo Robusti detto il Tintoretto – 1545/1546)

 

FB: «Parafrasando Nietzsche ancora una volta e riflettendo sulle due forze creative che muovevano il gioco tragico nella Grecia arcaica e che sostengono l’esprit vitale dell’uomo, Apollo e Dioniso: cosa ne è di loro oggi?»

 

 

Testa di Dioniso (opera eclettica da modelli ellenistici, da Horti Lamiani)

 

LS: «Dioniso è stato scacciato da tempo e di lui si è preso in prestito solo l’idea dello straniamento, della perdita di valori e del senso, cosicché resta nascosto nel suo abisso sempre più profondo.

 

 

Apollo Kassel (Museo Archeologico di Napoli)

 

Anche Apollo, che insieme, dava forma e limiti alla grande energia del suo fratello divino Dioniso e al grande gioco della creatività umana, oggi non c’è. Utilizzando l’unico significato corrente dello Pseudos, quello odierno - che aggredisce la nostra immaginazione a getto continuo-, lo si potrebbe definire uno “Pseudo-Apollo”, pseudo padre della forma, del ritmo, del sogno. E poi bisogna ricordare che Apollo è anche il “lanciatore di saette” e che, tradito e mistificato, potrebbe risentirsi e divenire distruttivo.

 

 

Charles Baudelaire (ritratto da Félix Nadar)

 

FB: «Di fronte al sistema odierno, che mortifica continuamente la nostra immaginazione, ritenuta da Baudelaire la più scientifica e la più grande delle nostre facoltà conoscitive, qual è allora la speranza della filosofia?»

 

Bimba che gioca con l'argilla

 

LS: «I bambini giocano anche senza giocattoli e inscenano ruoli e personaggi, si trasfigurano come avviene agli attori a teatro, altro terreno sacro per il gioco, e questo perché l’uomo vuole conoscere anche l’altro mondo di cui è parte e che non si vede.

La speranza potrebbe essere, rispetto alla pseudo-giocosità del sistema, che avvenga per noi quello che racconta Baudelaire a proposito dei bambini. Paragonati ai rivoluzionari francesi, non si accontentano di giocare con i giochi che si trovano a disposizione e li rompono. Ma non lo fanno per cattiveria.  Distrutti i loro giocattoli, ne cercano, tra le macerie, l’anima.».

 

 

La libertà che guida il popolo (Eugène Delacroix - 1830)

 

 

LUCIO SAVIANI

 

(Caserta, 1960). Vive e lavora a Roma. Filosofo e scrittore, è uno degli esponenti di maggior rilievo dell’Ermeneutica in Italia, come dimostrano i suoi numerosi libri scritti a partire dalla metà degli anni Ottanta e tradotti in Europa e in America.

Socio fondatore della Società Filosofica Europea di Ricerca e Alti Studi e della Scuola Superiore Internazionale di Studi Filosofici.

Professore a contratto di Storia della Filosofia, Fondamenti di Scienze Umane, Estetica e Sociologia dei processi culturali all’Università “La Sapienza” di Roma. (dal 2003).

Svolge attività di ricerca e collabora con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, dove dal 1985 al 2000 ha partecipato ai Seminari di Hans-Georg Gadamer e alle Lezioni di Jacques Derrida e Jean-François Lyotard.

Tra le sue numerose pubblicazioni compaiono molti libri e ricerche dedicati all’Ermeneutica contemporanea e al suo controverso rapporto con il Decostruzionismo; tra essi:”Ermeneutica radicale come esperimento in Nietzsche. Il gioco dell’oltre” (1985); “A dadi con gli dei. Su Nietzsche” (1994); “Ermeneutica del gioco. Dal gioco come simbolo alla decostruzione come gioco” (1998); “Gioco”, in “Lessico della comunicazione” (2003); “Ermeneutica e scrittura” (2008).

Del 2008 è l’opera-dialogo”Valéry Vartan. L’idea fissa che fa zum”, scritta insieme a Pasquale Panella e con lui portata in scena.

Nel recente “Ludus Mundi. Idea della filosofia”, Moretti & Vitali, Bergamo 2017, è contenuto il poemetto di Pasquale Panella "Il gioco del mondo".

Una certa pratica dei margini del discorso filosofico lo ha avvicinato ad ambienti non “di disciplina” incontrando quindi e lavorando con gli esponenti contemporanei della poesia, del teatro, arte e musica.

Maggiori informazioni su: http://luciosaviani-it.webnode.it/bio/