L’ARTE DI MY ITALY

L’ARTE DI MY ITALY

 

 

 

«Per me i colori sono degli esseri viventi, degli individui molto evoluti che si integrano con noi e con tutto il mondo. I colori sono i veri abitanti dello spazio.»

                                                                                                  (Yves Klein)

  

      di Rossella Monaco

 

Il film di Bruno Colella è una fusione tra arte figurativa, poesia, installazioni e filosofia napoletana. Un connubio riuscito. La maieutica socratica-partenopea dà alla luce una storia mista di ombre magiche, cruciverba giganti, Sofie Loren iconizzate, tombe ambitissime, orribili fabbricati dai quali come per incanto emerge la bellezza incontaminata: una donna-fiore di loto, glamour nonostante l’erosione scaturita dall'ambiente. La grande bruttezza conclamata dai palazzinari. 

 

Gli eroi del film, quattro fantastici artisti figli del mondo (Krzysztof M. Bednarski, Thorsten Kirchhoff, Mark Kostabi, H.H. Lim), gestiscono la realtà traducendola in piacere per la vista e per la mente. Quattro magnifiche variabili per palati sensibili. Poi c’è la loro amata “Italy”, con le stupende città-botola nelle quali è facile cadere in trabocchetti. Ci sono paesaggi danteschi e scorci ammalianti. C’è la coppia - un produttore cinematografico ottimista e un po’ visionario (Bruno Colella) e il suo segretario in fin di denaro (Marco Tornese), in viaggio alla ricerca del santo Graal: finanziamenti per il film nel film. Totò e Peppino catapultati da Milano a Varsavia, dove lavavetri italiani ridotti sul lastrico (nel vero senso della parola) puliscono parabrezza a benestanti guidatori polacchi; produttori retrò anelano ad attrici italiane (Serena Grandi) figlie di una cinematografia pop-maschilista che le trasfigura in maniera seriale.

Autentica chicca nel gioco dei contrari,  la scena in cui il producer Bruno Colella chiede soldi a un esponente del teatro povero di Jerzy Grotowski.

Una girandola di personaggi maggiori e un po’ filosofi-felliniani-macchiettistici-ladri-mafiosi-cantanti-geniali-affabulatori-duendici, ruota intorno e dentro l’opera.

 

 

Marco Tornese e Bruno Colella in una scena del film di quest’ultimo, My Italy

 

In un mondo in cui la rappresentazione figurativa delle emozioni è diventata business, compravendita, investimento, “roba” da seppellire in casseforti mortuarie, Bruno Colella si fa mecenate onirico-ironico di questa specie in via d’estinzione: gli artisti. Achille Bonito Oliva rende omaggio all’insieme con la sua concettuale e sempre interessante apparizione.

 

 

Il critico d’arte Achille Bonito Oliva in my Italy

 

Gli altri personaggi del ricchissimo cast sono: Lina Sastri, Piera Degli Esposti, Alessandro Haber, Jerzy Stuhr, Nino Frassica, Luisa Ranieri, Rocco Papaleo, Sebastiano Somma (immortalato in un primo piano degno di Sergio Leone), Nicola Vorelli, Angelo Bassi, Remo Remotti (affabulatore erede del grande Gioacchino Belli), i musicisti eccellenti: Edoardo Bennato, Eugenio Bennato, Pietra Montecorvino (“duendica” donna sciamana di Napoli), Tony Esposito, Enzo Gragnaniello, poi c’è il divertente cammeo di Rino Barillari (in crisi d’astinenza da “dolce vita”) e di Enzo Aisler (illuminato fuori e dentro dal flash del fotografo).