"VIETATO GUARIRE" - LA PAZZA DELLA PORTA ACCANTO

VIETATO GUARIRE

LA PAZZA DELLA PORTA ACCANTO

 

 

        di Rossella Monaco

 

Teatro Eliseo - Roma

 

La pazza della porta accanto di Claudio Fava

Uno spettacolo di Alessandro Gassmann

Con: Anna Foglietta,

Angelo Tosto, Alessandra Costanzo, Sabrina Knaflitz, Liborio Natali, Olga Rossi, Cecilia Di Giuli, Stefania Ugomari Di Blas, Giorgia Boscarino, Gaia Lo Vecchio.

Spazio scenico Alessandro Gassmann

Con la collaborazione di Alessandro Chiti

 

 

 I “normali” decidono chi sono i “pazzi”. Gli uomini decidono per le donne. Negli anni sessanta era ancora così, un uomo poteva arrogarsi il diritto di far internare la moglie, la figlia, la sorella. Il femminicidio si è macchiato anche del colore grigio delle mura “alte quattro metri” di un manicomio. Donne seppellite vive, spesso per mali “inguaribili” come una dose eccessiva di sensibilità, una fervida fantasia, una sana voglia sessuale, o perché portatrici contagiose di un ingiustificato desiderio di autonomia dal maschio. Quelle pareti sono una diga per contenere fiumi in piena di cui si teme l’esondazione, cancellano il linguaggio olistico del femminile, sostituiscono visioni con incubi infernali, feriscono la “Dea” nel profondo; per Alda Merini quelle pareti si fanno abito e al tempo stesso corazza contro la follia della normalità, la proteggono da un ben più grande ospedale psichiatrico, il mondo civilizzato.

 

Da secoli il corpo delle donne è nelle mani degli uomini, su quello di Alda hanno gettato acqua gelata, praticato l’elettroshock e iniettato ogni tipo di psicofarmaci. «Lo faccio per vedere nel tuo cervello», le spiega con lucida follia  il dottore del manicomio Paolo Pini di Milano dove Alda è ricoverata, «voglio conoscere i tuoi pensieri». «I pensieri non hanno luce» dice la Merini. Sono parole assemblate in maniera razionale, quasi sempre si muovono per riflesso condizionato. È la fantasia a non avere confini, libera dalla dittatura della razionalità, la fantasia è luce. Ma il dottore, l’uomo normale, il figlio di Cartesio, concepisce un’unica luce, quella dell’elettroshock. Per smascherare la verità usa il pentothal, ricerca l’esperienza attraverso l’approccio meccanicistico; bagliori infernali, tortura, per vivisezionare mondi le cui uniche chiavi d’accesso sono la sensibilità, l’amore, la poesia.

Per il buon senso comune la libertà sessuale è torbida, il non voler accettare le briglie del lettino dell’elettroshock è segno di isteria, l’utero è fonte di nevrosi, è un vaso di Pandora, se lo apri tutti i mali si riverseranno sul mondo. Alda Merini ne esce vincente, non si fa plagiare, è una superstite, una meravigliosa visionaria, una delle ultime sostenitrici della poesia come modus vivendi. «La poesia non è un concetto, un discorso, ma l’esistenza stessa», è magia. È di chi sa vivere la bellezza, la vita. Non gliela possono togliere. Neanche l’amore le tolgono. In manicomio Alda si innamora ricambiata di Pierre, un uomo ricoverato per disturbi mentali. Per lei, Pierre disegna sui muri con un gessetto bianco, vorrebbe regalarle i colori del mondo esterno, ma lei quei colori li ha dentro, ha tutto lo spettro e molto di più. L’amore è la via di fuga, quando Pierre il “matto” le dice che vorrebbe portarla fuori di lì, Alda risponde: «Siamo già fuori».

Gli “Infelici Molti” hanno perso, la felicità è di pochi, è di chi sa essere libero malgrado sia costretto dietro le sbarre di un manicomio.

 

Anna Foglietta da grande attrice evoca la passionalità, il cuore, l’utero, la ferinità, di Alda Merini. Gli attori sono un coro tragico perfetto intorno a lei. Ognuno di loro interpreta il suo personaggio con eccezionale abilità. L’autore, Claudio Fava, ha saputo dar voce alla poetessa scrivendo una pièce emozionante, ben in armonia con il lessico della Merini. La regia coinvolgente di Alessandro Gassmann riesce con maestria a trasportare lo spettatore in un mondo altro, in una dimensione drammatica ma conoscitiva, si tocca con il cuore la profondità umana. Alessandro Gassmann insieme allo scenografo Alessandro Chiti scandisce il tempo con cambi di scena ritmati e liberatori, un tessuto di simil tulle, il velatino, separa la parte anteriore del palcoscenico dal pubblico, l’effetto è magico, i giochi d’ombre riportano ad alcuni spezzoni del cinema espressionista. 

 

 «Quelli sono incredibili inconcepibili inammissibili sono tutti matti.

E non cullatevi nella speranza di poterli r i e d u c a r e

indi paternamente legittimare.»

da “La canzone degli Infelici Molti e dei Felici Pochi” di Elsa Morante