NOTTI TREMENDE SUL MARE

NOTTI TREMENDE SUL MARE

ACQUE DI CAPO MATAPAN, NOTTE DEL 28 MARZO 1941, PRIMA “L'INCUBO” NOTTURNO IN CHIAVE SEMISERIA , POI LA REALTÀ 

 

I PUNTATA: L’INCUBO DEL COMBATTIMENTO

 

 

 

     di Vittorio Pisano

 

 Recentemente sono riuscito a soddisfare, solo con grande difficoltà, la curiosità del mio medico curante che più volte mi aveva chiesto di chiarirgli meglio la natura dei miei incubi notturni "a tema balistico/navale".

Alcune notti, mi capita di pagare caro il prezzo della mia intemperanza alimentare,che puntualmente, diventano per me... "Notti tremende sul mare". 

 

        Una delle ultime "Notti tremende" ha trasferito direttamente sul soffitto della camera da letto i fiammeggianti cieli dei tramonti primaverili sull'Egeo, al largo dell'isola di Gaudo... ed è allora che è tornato a trapanarmi il cervello il dilemma mai risolto di quei colpi italiani da 381, non andati una volta -dico una!- a segno nel corso di un intero conflitto sul mare.

Su quel soffitto, per ore, mentre lo stomaco rollava, i miei occhi spalancati nel buio cercavano di ordinare gli intrecci delle parabole dei 381 sparati  dalle "torri" di prua del Vittorio Veneto,in avvicinamento a tutta forza da est, intersecandosi con quelle dei 203 esplose dai nostri incrociatori pesanti, tipo Zara e Bolzano, che facevano fuoco con le loro "torri" poppiere, affrettandosi, da ovest verso est, incontro alla loro Ammiraglia. in ritirata "tattica" sulla rotta opposta.

        Sulla parete di fronte al mio letto, ad ovest della rossa linea dell'orizzonte, dove il sole al tramonto disegnava nettissimi i profili scuri delle navi nemiche; gli incrociatori dell'Amm. Pridham Whippel correvano dietro la scia dei nostri, navigando inconsapevolmente verso i cannoni del Vittorio Veneto, su quel mare increspato dalle bianche "incappellate" delle prore inglesi.

Intorno a quei bastimenti inglesi si sollevava, infatti, già tutto un fiorire di "tuffi da colpi", e tra quei geyser di acqua alti come vette di colline, bianchi come il latte e stagliati sull'orizzonte infuocato, mi era difficile distinguere i tuffi dei 381 delle salve del Veneto da quelli dei 203 degli Zara e dei Bolzano, per poter poi valutare e correggere le parabole di entrambi.

Nel mio cervello, come su un tabulatore circolare, scorrevano vertiginosamente i numeri delle distanze dei bersagli e degli angoli di elevazione dei pezzi che dovevo urgentemente trasmettere agli addetti alle Centrali Di Tiro in attesa... ai piedi del mio letto.

        Il letto, per di più, rollava, beccheggiava e ballava anch'esso sulla cresta bianca delle onde, seminando in mare: comodini, coperte, lenzuola, cuscini, pantofole.

Nei rapidi cambi di posizione delle tante unità che si affrontavano in quelle acque, sono giunto infine a galleggiare esattamente al centro tra i due schieramenti. A quel punto l'urlo delle salve contrapposte, che si incrociavano sul mio soffitto, ha lacerato le mie orecchie con lo stesso fragore di decine di treni che per un attimo si sfiorano in corsa, lanciati verso destinazioni opposte.

        Mentre annaspavo nel buio nella ricerca spasmodica di dati di puntamento corretti, ho udito il lontano crepitio di colpi da 127, in partenza da unità minori che partecipavano anch'esse al combattimento. Allora mi sono seduto per puntare il binocolo in direzione di quei nuovi scoppi e ho inquadrato i nostri grigi Cacciatorpediniere che irrompevano da levante, nel pieno della loro rischiosa manovra, per serrare le distanze che li dividevano dagli incrociatori nemici.

I "Caccia" italiani di scorta alle Divisioni degli Zara e dei Bolzano in ritirata, non hanno infatti invertito la rotta davanti al nemico come le unità maggiori da essi protette ma, aperti a ventaglio, continuavano invece a navigare a tutta forza in direzione delle navi di Pridham Whippel. La loro provocazione nei confronti dell’Ammiraglio inglese, era finalizzata a trascinare la sua corsa direttamente "in bocca" al Vittorio Veneto, che nel frattempo sopraggiungeva alla massima velocità.

A ponente, sulla parete che mi divideva dal gabinetto, osservavo sul mare arrossato dal tramonto, il "rastrello" delle scie dei  nostri cacciatorpediniere:"Alfieri", "Gioberti", "Oriani" e "Carducci" che, insieme al "Legionario", facevano  incessantemente fuoco sugli incrociatori pesanti dell'Ammiraglio inglese, per "serrare sotto" quanto necessario, in modo da poterli poi attaccare con il siluro.

A quella velocità, sul mare agitato nel controluce porpora del tramonto, la spuma sollevata dai loro "baffi di prua", occultava gli interi profili laterali degli scafi. Dalle indistinte nuvole di spuma bianca, avvertivo provenire soltanto gli scoppi lontani ed attutiti dei loro 127, insieme ai tonfi sordi degli scafi che percuotono l'acqua. L'acqua, intorno a quei coraggiosi Caccia, era sconvolta dalle bianche, enormi, "fontane" dei grossi calibri inglesi, che si stavano ora concentrando sulle unità leggere italiane nel tentativo di bloccarne sul nascere l'attacco.

        Quando poi il Vittorio Veneto è riuscito a puntare l'unità inglese, ho osservato finalmente un colpo Italiano da 381 andare a segno.

A questo punto una bordata più violenta delle altre della nostra Ammiraglia, mi rovesciava in mare con tutto il materasso, facendomi risvegliare di soprassalto.

E dire che sopra al pigiama, non avevo neppure prudentemente indossato il salvagente d'ordinanza ...