LA CATASTROFE ECONOMICA DEL NEOLIBERISMO

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LA CATASTROFE ECONOMICA DEL NEOLIBERISMO

 

 

Il neoliberista Milton Friedman interrotto da un attivista durante la cerimonia di consegna del Premio Nobel per l’Economia (1976)

 

     di Ivan Battista

 

In Svizzera, a pochi chilometri da Montreux, c’è una piccola montagna chiamata Mont Pélerin. Non avrebbe alcun interesse per il mondo a parte il suo clima mite e alcune buone strutture turistico ricettive. La cosa che ci interessa, invece, è che è il luogo in cui, nel 1947, è stata fondata la MPS. No, non il Monte dei Paschi di Siena, ma la Mont Pélerin Society, una associazione di economisti che da allora ad oggi sono riusciti a controllare, in senso neoliberista e in modo totalitario, l’economia e la politica non solo europee, ma addirittura mondiali.

 

 

Ronald Reagan e Margaret Thatcher

 

Le dolorose conseguenze di questa “colonizzazione” del pensiero economico neoliberista le abbiamo subite negli anni e le soffriamo ancora oggi. La strategia di questo gruppo di“pensatori” per orientare l’economia europea e poi quella mondiale ai dettami del neoliberismo  non è stata affidata ai proclami e ai manifesti bensì alla costruzione “sistematica e permanente”  di un pensiero economico e intellettuale che fosse patrimonio comune. Un pensiero/potere estremamente invadente e pervasivo che giunge così ad essere esercitato paradossalmente con il consenso e l’approvazione di coloro che vi sono soggiogati. Nel 1947, dunque, a Mont Pélerin, Friedrich von Hayek fonda con altri 38 “economisti/pensatori” in massima parte europei la MPS. Tra essi troviamo Maurice Allais, Walter Eucken, Ludwig von Mises, Milton Friedman e finanche Karl Popper, grande amico di von Hayek.

Alla fine degli anni Novanta del secolo scorso erano già diventati più di mille insediati nelle istituzioni, soprattutto accademiche ed economiche, di tante Nazioni del pianeta. Non proclami o manifesti programmatici o progetti di riforme istituzionali, dunque, per giungere al controllo del pensiero economico mondiale, ma una produzione editoriale impressionante di saggi scritti e di servizi massmediali, alcuni di alto livello “persuasivo”. In tale produzione “comunicativa” erano ribaditi ossessivamente  (e lo sono tutt’ora)  i tre principi fondamentali del neoliberalismo:

a)   Liberalizzazione del movimento dei capitali;

b)   Superiorità indiscussa e indubbia del libero mercato;

c)   Tassativa limitazione dello Stato a promulgatore  e custode delle leggi e delle clausole che garantiscano la massima affermazione del libero spostamento dei capitali e della supremazia del libero mercato.

A seguito di questo smisurato e minuzioso impegno, già agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, il neoliberismo politico/economico aveva conquistato gli spazi essenziali nelle università e nei governi di quasi tutti i Paesi “occidentali”. Di certo, non soltanto la MPS è responsabile di tale risultato, ma il suo peso è stato sicuramente  di primo piano. Dieter Plehwe, storico del pensiero neoliberale, descrisse la MPS come una delle  più potenti associazioni di “conoscenza” della nostra era.

Come è facile intuire, molti degli associati della MPS non solo hanno prodotto saggi e trattati, ma sono entrati  nelle istituzioni governative delle Nazioni più importanti, arrivando ad assumere incarichi vitali per  l’economia e le strategie di sviluppo produttivo. Reagan, presidente USA dal 1981 al 1988, annoverava tra i suoi esperti circa ottanta consiglieri economici; più di un quarto appartenevano alla MPS.

L’Institute of Economic Affairs, una emanazione della MPS, fu fondato da Antony Fisher e Ralph Harris. La sua influenza nelle liberalizzazioni finanziarie imposte dal governo Thatcher nella prima metà degli anni Ottanta del secolo scorso è fuor di dubbio. Tali liberalizzazioni hanno sicuramente stravolto l’economia britannica e oggi, a distanza di tempo, ci accorgiamo in quale misura negativa.

In ambito MPS troviamo molti soci “apicali” dell’industria europea, soprattutto francese e tedesca, e molti ne troviamo anche in ambito politico. In Italia, ad esempio, era socio MPS il presidente della repubblica Luigi Einaudi e due italiani, Bruno Leoni (1967/68) e Antonio Martino (1988/90) sono stati addirittura presidenti della MPS. Molti altri italiani ai vertici economico-finanziari sono soci MPS.

Alla base dell’egemonia della MPS sulla politica economica dei Paesi europei, a partire dagli anni Ottanta, troviamo almeno due fatti sconcertanti e incomprensibili:

a)   La stravolgente supremazia su ogni altro pensiero politico economico;

b)   La sua incredibile resistenza alle smentite che la realtà economica le impone da almeno quindici anni.

La dottrina economica del britannico John Maynard Keynes è stata ammutolita ed emarginata dalle strategie economiche neoliberiste di MPS nella Unione Europea.  Le liberalizzazioni a stampo MPS hanno permesso alla finanza di comandare la politica non meno dell’economia con numerosi risultati devastanti, soprattutto per la classe media. Il caso Grecia è la più recente e drammatica testimonianza.

Seguendo le linee di pensiero neoliberista che purtroppo ancora imperano nella gestione della U.E., il welfare europeo, principale e importantissimo sistema pubblico di protezione sociale, determinante anche per una economia ottimale, checché ne dicano i pensatori neoliberisti MPS, è in fase di smantellamento. Il neoliberismo aborrisce il sistema pubblico di protezione sociale, sostiene che è insostenibile (una menzogna, come potrebbe facilmente dimostrare ogni economista di opposto pensiero) e nocivo, e che non è utile poiché ognuno deve essere responsabile del suo destino. Quindi, ogni individuo è tenuto a provvedere da solo alla sua previdenza. Da qui è partita in molti Paesi U.E., compresa l’Italia, la maxi truffa assicurativa delle pensioni integrative. Le scuole e le università sono state “riformate”  in aziende e Paesi a forte tradizione culturale come la Germania e l’Italia hanno visto l’”ottimizzazione” del processo di insegnamento con il taglio di finanziamenti a settori giudicati “non produttivi”. Come se la cultura debba dipendere soltanto dalla sua “utilità” e dalla sua capacità di produrre denaro. Una visione economica di tipo calvinista che ha prodotto e continua a spargere in tutti gli strati sociali grande ignoranza, con ogni probabilità nemmeno a caso.

Il neoliberismo economico è impermeabile a qualsiasi smentita, anche la più evidente, che i fatti impongono. Ad esempio, il crollo delle imprese della nuova economia informatica  nei primi anni duemila. Osannate dal pensiero economico neoliberale, nella quasi totalità dei casi erano “pensatine” sulle quali le borse mondiali scommettevano immensi capitali, convinte del postulato neoliberista che i mercati sono sempre efficienti e in grado di autoregolamentarsi. Il risveglio da questa assurda convinzione è stato dolorosissimo per molti. Nella seconda metà degli anni duemila, abbiamo avuto un crollo dell’economia mondiale quasi definitivo, dovuto alla finanza neoliberista  che si basava  scientemente su milioni di mutui ipotecari che le famiglie non avevano modo di pagare. Una “truffa” organizzata dagli alti vertici finanziari e che ha fatto arricchire solo una minima parte di speculatori senza scrupoli. Sono fallite società di antica tradizione monetaria e sono state gettate nella povertà più totale milioni di povere, ignare persone. Perché “ciascuno è responsabile del suo stato economico finanziario”, come detta la cultura neoliberista.

All’inizio del secondo decennio degli anni duemila, gli economisti neoliberali MPS e i politici ad essi legati a doppio filo hanno imposto ai Paesi della U.E. le politiche dell’austerità. È  sotto gli occhi di tutti come esse si siano rivelate un catastrofico fallimento. Ciò che risulta più assurdo e che ad ammetterlo siano gli stessi economisti neoliberali.

Asciugando molto il discorso: gli economisti neoliberali  hanno avviato le linee guida economiche che hanno procurato una delle più gravi crisi economiche che il mondo abbia mai conosciuto. Non hanno nemmeno intuito l’enormità di tale crisi, non l’hanno saputa risolvere e hanno avviato provvedimenti che l’hanno addirittura aggravata.

La domanda che sorge spontanea è: “Perché questi individui continuano a stare nella stanza dei bottoni dove si stabiliscono le politiche economiche dell’Unione Europea?

Se alcuni di noi arrivassero a  chiedersi come mai le sinistre europee sono state travolte senza nemmeno essere in grado di arginare il pensiero neoliberista di stampo MPS, forse dovrebbero rispondersi:  perché non sono state in grado di fare come l’organizzazione MPS, che ha propagato tale pensiero.

All’enorme produzione editoriale, cartacea, elettronica, cinematografica e televisiva, che sosteneva e sostiene a spada tratta il dogma dei mercati di per sé efficienti e autoregolamentanti, non è stato opposto nulla di sostanzialmente equivalente  né diverso come impatto comunicativo né differente come pensiero politico/economico. Non sono stati pubblicizzati con mezzi adeguati argomenti forti a dimostrazione che i modelli economici neoliberisti a sostegno dell’idea dei mercati “efficienti” sono del tutto infondati.

Dove sono le pubblicazioni e le azioni massmediali rivolte sia agli economisti, sia ai politici, sia  al popolo, in grado di contrastare la sciagurata idea neoliberista delle privatizzazioni a tutto spiano e di spiegare la superiorità economica, civile e professionale della sanità pubblica su quella privata e che è una menzogna profferita ad arte sostenere che non sono più sostenibili?  Ogni giorno siamo sottoposti ad un bombardamento mediatico fondato su dati scorretti e “truffaldini” che sconfessa il pubblico a favore del privato, perché il welfare,  con la previdenza e la sanità in testa, è il vero business del neoliberismo, il quale non a caso vuole le privatizzazioni in questi settori chiave della società.

Lo Stato, se retto e governato da persone oneste e preparate, ha sempre dimostrato la sua superiorità nel produrre innovazione e sviluppo, ha sempre comprovato la maggiore prevalenza dei “beni comuni” sulla incongruenza delle privatizzazioni.

La politica e le istituzioni non possono tollerare l’assenza.  Nel nostro caso, possiamo sostenere che l’assenza di un pensiero forte e democratico, cioè a vero favore delle moltitudini, è stata soppiantata da una presenza sempre più cospicua di funzionari, insegnanti, elettori e, di conseguenza, di politici, plasmati dalla teoria neoliberista imposta dalla MPS che ha sempre lavorato per il benessere e la ricchezza di pochi, poiché “solo chi se lo merita può stare bene”.

L’ approvazione  di un forte sèguito va creata e la Mont Pélerin Society, espressione di un neoliberismo loquacemente aggressivo, è riuscita a crearlo  molto abilmente e convenientemente. In risposta a questa visione politico/economica elitaria andrebbe  fatto sorgere  un nuovo consenso attorno ad un’idea politico/economica di benessere comune forte e condivisibile, su cui le sinistre europee farebbero molto bene a lavorare e sodo.

Noi, poveri esseri comuni, possiamo solo renderci conto e, in caso ci convincessimo, votare per quei partiti che lavorano davvero per il bene comune e mandare nelle istituzioni nazionali ed europee deputati preparati in tal senso. Rappresentanti eletti, in grado di contrastare la visione sciagurata e apportatrice di ricchezza ristretta e povertà diffusa promossa dal neoliberismo MPS. Persone capaci di proporre una nuova politica economica rivolta al vero benessere di tutti.