TUTTO SULLA 27.MA EDIZIONE DEL TRIESTE FILMFESTIVAL

TUTTO SULLA 27.MA EDIZIONE DEL TRIESTE FILMFESTIVAL

 

 

 

         di Henrik Polgar

 

Torna dal 22 al 30 gennaio il Trieste Film Festival, oltre a quello di Karlovy Vary, il più importante appuntamento italiano con il cinema dell'Europa centro-orientale, giunto  quest’anno alla 27.ma edizione.

Nato alla vigilia della caduta del Muro di Berlino  più che un festival continua ad essere da quasi trent'anni ilponte che mette in contatto le diverse latitudini dell'Europa del cinema, scoprendo nomi e tendenze destinate ad imporsi nel panorama internazionale.

 

Un’immagine estratta da uno dei dieci capitoli del “Decalogo”, capolavoro di Krzysztof Kieślowski

 

Ospite d’onore di questa edizione, Irène Jacob. L'attrice, tra le interpreti più sensibili del cinema francese, accompagnerà l’omaggio del festival a Krzysztof Kieślowski, nel ventesimo anniversario della sua scomparsa. Per l’occasione saranno mostrati i dieci capitoli del “Decalogo” e i due film che la Jacob girò con Kieślowski: “La doppia vita di Veronica”, che le valse  il premio per la migliore interpretazione al Festival di  Cannes e  “Tre colori – Film Rosso”, candidato nel 1995 a tre premi Oscar (regia, sceneggiatura e fotografia).

 

Locandina de “La doppia vita di Veronica”, di Krzysztof Kieślowski

 

Ad aprire il festival sarà l’anteprima, fuori concorso, venerdì 22 gennaio, del film “Sole alto” di Dalibor Matanić, una delle rivelazioni dell’ultimo Festival di Cannes (Prix du Jury nella sezione “Un Certain Regard”), che rappresenterà la  Croazia nella corsa all'Oscar per il miglior film straniero. In uscita nelle sale italiane a marzo, distribuito da Tucker Film, è uno straordinario inno alla vita che racconta l’amore fra un giovane croato e una giovane serba, che il regista Matanić moltiplica per tre: stessi attori (Tihana Lazović e Goran Marković) ma coppie e storie diverse dentro il cuore avvelenato di due villaggi balcanici in tre decenni diversi: dal 1991, con l’ombra incombente della guerra; dal 2001 con le cicatrici lasciate dal conflitto; dal 2011 con l’impervia ma possibile rinascita.

 

 

Il regista georgiano Otar Iosseliani

 

La chiusura della manifestazione sarà invece affidata a Otar Iosseliani, fuori concorso, e all’anteprima italiana del suo “Chant d’hiver”: una commedia in cui il maestro georgiano, per sua stessa ammissione, ha voluto inserire «tutte quelle sciocchezze che m’incantano: l'ottimismo dei ricchi che sprecano la loro vita in così tanti inganni, pur di mantenere un patetico patrimonio... e il sogno di diventare ricchi dei poveri, che se avranno la sfortuna di riuscirci saranno condannati alla stessa infelicità di coloro che adesso invidiano». Il risultato, caotico e affascinante come nello stile del regista di “Caccia alle farfalle” e “Addio terraferma”, è un film sull’amore, la vera amicizia e la speranza in un domani migliore. Arricchito da un cast cosmopolita ed eclettico in cui spiccano Rufus e Mathieu Amalric ma anche il regista Tony Gatlif e il nostro Enrico Ghezzi.

 

Struttura portante del programma sono i tre concorsi internazionali dedicati a lungometraggi, cortometraggi e documentari i cui vincitori saranno decretati come consuetudine dal pubblico in  sala.

 

 

La regista lettone Laila Pakalnina

 

Otto i titoli, tutti in anteprima italiana, che compongono il Concorso internazionale lungometraggi, opere di  autori già noti e di giovani promesse.

Tra le prime, il nuovo film della capofila del cinema lettone Laila Pakalnina che in “Ausma” (“L’alba”), rifacendosi al passato sovietico, echeggia nella storia del piccolo Janis quella del “giovane pioniere” Pavlik Trofimovič Morozov, protagonista della propaganda stalinista negli anni ’30; Oleg Novković firma con “Otadžbina” (“Patria”) la seconda parte di una trilogia dedicata alla cosiddetta “generazione perduta” della ex-Jugoslavia, indagando – attraverso un aspro ritratto familiare – la Serbia di oggi, le estreme conseguenze della guerra civile e le possibilità di vita e pentimento dopo le atrocità e i delitti commessi. Esordiente nel “lungometraggio di finzione”, ma ben noto al pubblico internazionale per il suo premiato passato di direttore della fotografia e di documentarista, il polacco Marcin Koszałka presenta “Czerwony pająk”(“Il ragno rosso”), inquietante storia vera – insieme nerissima e visivamente raffinata – di un serial killer nella Cracovia degli anni ’60.

Tutti debuttanti gli altri autori in concorso: Visar Morina, che in “Babai” rievoca il Kosovo degli anni 90 attraverso la storia di un padre che vuole fuggire dal passato emigrando illegalmente in Germania e di un figlio che cerca in tutti i modi di restargli accanto; Dimitar Dimitrov, capace di fondere abilmente generi e storie, horror e romanticismo, amori impossibili e morti molto più probabili, in una commedia nera, “Subirach na trupove” (“Il collezionista di cadaveri”) che dimostra una volta di più la vitalità del giovane cinema bulgaro; la lituana Alanté Kavaïté, premiata come migliore regista allo scorso Sundance Film Festival per “Sangailė”(“L’estate di Sangaile”), storia d’amore tutta al femminile tra una diciassettenne affascinata dagli aerei acrobatici (ma terrorizzata dall’altezza) e una coetanea che non ha paura di nulla (uscirà in Italia distribuito da Movies Inspired); il rumeno Nicolae Constantin Tănase, che in “Lumea e a mea”(“Il mondo è mio”) aggira ogni facile sociologismo raccontando il mondo interiore di una sedicenne di provincia, Larisa, pronta a tutto pur di realizzare i propri sogni in una piccola città sul mare in cui sembrano contare soltanto l’apparenza e il denaro; e l’ungherese Lili Horváth, che in “A szerdai gyerek”(“Il bambino del mercoledì”) segue le disavventure di una coppia nella periferia di Budapest in un dramma sociale sui giovani emarginati costruito intorno a un intenso personaggio femminile.

 

 

Immagine tratta da “La supplication” (“Preghiera per Černobyl”), del regista lussemburghese Pol Cruchten

 

Oltre ai citati “Sole alto” e “Chant d’hiver”, sono due, i lungometraggi fuori concorso selezionati come Eventi Speciali di questa edizione: l’anteprima mondiale de “La supplication” (“Preghiera per Černobyl”) di Pol Cruchten, ispirato al romanzo “Preghiera per Černobyl. Cronaca del futuro”, della scrittrice premio Nobel Svetlana Aleksievič, un classico contemporaneo tradotto in tutte le lingue del mondo occidentale, il film rielabora in una forma cinematografica non convenzionale le testimonianze raccolte nel libro. E poi l’anteprima italiana di “Cosmos”, l’ultimo film di Andrzej Żuławski, già premiato per la migliore regia allo scorso Festival di Locarno: un’opera che sfugge alle categorie e ai generi, tratta da un romanzo di Witold Gombrowicz, che nelle mani di Żuławski (“Possession” e “Le mie notti sono più belle dei vostri giorni”) diventa – come racconta lo stesso regista – «un thriller, una storia d’amore, un’esplorazione dell’animo umano durante la giovinezza. Un po’ spaventoso, molto divertente quando vuole».

 

 

Un’immagine da “Chuck Norris vs. Communism”, della regista romena Ilinca Călugăreanu

 

Il Concorso internazionale Documentari propone dieci titoli, tutti in anteprima italiana.

Le tracce, visibili e invisibili, che le guerre lasciano anche a distanza di anni nel paesaggio e nella memoria sono le protagoniste di “Battles (“Battaglie”) di Isabelle Tollenaere, che attraverso quattro archetipi – una bomba, un bunker, un carro armato, un soldato – ci riporta, senza rinunciare all’ironia, sui luoghi di alcune delle guerre più recenti combattute in Europa; ancora l’Europa, quella più periferica dove l’unico segno di appartenenza all’UE è una vecchia bandiera, è al centro di “Reki bez mostove(“Fiumi senza ponti”), il film con cui Kristina Grozeva e Petar Valchanov – già autori di “The Lesson”, grande successo internazionale del cinema bulgaro della scorsa stagione – raccontano attraverso la storia di due amici inseparabili, Tsvetan e Nasco, la desolazione del piccolo villaggio di Dinkovo; inseparabili sono anche Mieczysław e Alfons, i due novantenni fratelli di “Bracia”(“Brothers / Fratelli”) di Wojciech Staroń: deportati in Siberia insieme alla famiglia, evasi dai campi di lavoro, tornati solo negli anni ’90 nella natia Polonia, dove oggi vivono facendo affidamento soltanto l’uno sull’altro. Tra i più applauditi documentari dell’ultima stagione, “Chuck Norris vs. Communism”, di Ilinca Călugăreanu,che racconta l’incredibile storia vera della donna che nella Romania di Ceaucescu sfidò la censura violando l'embargo e doppiando decine di film americani, arrivati di contrabbando in VHS, mostrando per la prima volta ai suoi connazionali un assaggio del mondo occidentale attraverso gli action-movie degli anni ’80 e i loro protagonisti, da Jean-Claude Van Damme a Sylvester Stallone; cinema e Romania anche in “Cinema, mon amour” di Alexandru Belc, storia dell’ex proiezionista e direttore del Dacia Panoramic Cinema, tra le ultime vecchie sale rimaste oggi nel Paese, che dimostra come occorra essere creativi (e un po’ folli) in tempo di crisi; un’altra crisi, quella greca, è al centro di “Epòmenos stathmòs: outopìa”(“Prossima fermata: utopia”) di Apostolos Karakassis, sulla straordinaria avventura di un gruppo di lavoratori che dopo la chiusura di una fabbrica decide di occuparla e autogestirla seguendo principi di uguaglianza assoluta e democrazia diretta. L’incapacità di affrontare la storia recente è al centro di “Grozny blues” di Nicola Bellucci, ritratto della capitale cecena devastata dalla guerra, dove la vita quotidiana è scandita da repressione politica, usanze restrittive, islamizzazione forzata; dalla Croazia arriva un allucinante viaggio nell’intolleranza, “Bolesno” (“Malata”) di Hrvoje Mabić, storia di una sedicenne, Ana, rinchiusa dai genitori in un ospedale psichiatrico per curarne l’omosessualità; “V lučach solnca”(“Sotto il sole”), del russo Vitalij Manskij, a cui è stato concesso di girare per un anno a Pyongyang, per ritrarre la vita quotidiana di una famiglia media nel momento in cui la giovane figlia si prepara a entrare nelle file dei Giovani Pionieri.; un viaggio senza precedenti nella quotidianità dell’inaccessibile Corea del Nord, e nella messa in scena della propaganda di regime; con “Aš už tave pakalbėsiu”(“Quando parliamo del KGB”) di Maximilien Dejoie e Virginija Vareikytė, nel quale si entra, anche attraverso le parole e i silenzi di vittime e carnefici, nel palazzo neoclassico di Vilnius che fu sede del servizio segreto sovietico in Lituania e che  rappresenta  l’emblema dell’occupazione e della repressione di quel regime.

 

 

Un’immagine del documentario “Armenia!”, dell’italiano Francesco Fei

 

Accanto ai documentari in concorso, anche 6 titoli fuori concorso: l’italiano “Armenia!”, di Francesco Fei, sulla terra che – come spiega il regista – evoca già nel suono del nome «una pietra, antica, che risuona nel mio inconscio come qualcosa di granitico»; “Cinema, a public affair” di Tatiana Brandrup, che ci mostra la mobilitazione contro il licenziamento di Naum Kleiman, massimo esperto del cinema di Ėjzenštejn e tra i più importanti intellettuali russi, dal suo posto di storico direttore della Cineteca di Mosca; “Filmová lázeň” (“Cinema alle terme”), di  Miroslav Janek, che attraverso interviste e materiali inediti racconta l’appassionante storia del Festival di Karlovy Vary, tra i più importanti del mondo, come i cinefili non l’hanno mai vista; in  “Jedan dan u Sarajevu” (“Un giorno a Sarajevo”) una delle più importanti registe europee, la bosniaca Jasmila Žbanić (già Orso d’oro a Berlino con “Il segreto di Esma”), punta il suo sguardo sulle celebrazioni che – tra il nostalgico e il kitsch – accompagnarono il 28 giugno 2014, a Sarajevo, il centenario dell’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando; la memoria dell’inizio del Novecento anima anche “Più in alto delle nuvole”, di Fredo Valla, che tra favola e mito, storia e canzoni (di Giorgio Conte), racconta l’epica impresa di Géo Chavez, che nel 1910 si lancia col suo monoplano Blériot in un folle volo per superare le Alpi; Trieste, infine, raccontata in “Terra di nessuno” da un cineasta francese, Jean Boiron-Lajous, attraverso le storie di quattro giovani bloccati dietro le montagne e allo stesso tempo attratti dall’andare al largo, proprio come la città nella quale vivono.

 

Sono 16 i cortometraggi in concorso per il Premio TFF Corti: tra questi, il croato “Piknik”,di Jure Pavlović, fresco vincitore dell’European Film Award, storia del legame tra un padre e un figlio. Un tema ricorrente nella selezione di quest’anno, come dimostrano anche l’ungherese “Romanian sunrise”, di Ábel Visky, il russo “Saša”,di Taisia Deeva e il tedesco “Alles wird gut”(“Andrà tutto bene”), di Patrick Vollrath. L’Italia è rappresentata quest’anno da “La smorfia”, di Emanuele Palamara, storia di un cantante napoletano e della reazione – insieme battagliera, sarcastica e venata di nostalgia – con cui risponde all’ictus che l’ha costretto sulla sedia a rotelle. L’interesse della sezione è come sempre puntato sui giovani talenti emergenti, ma non mancano i nomi già affermati come lo sloveno Jan Cvitkovič (già “Leone del Futuro” alla Mostra di Venezia) con “Ljubezen na strehi sveta”(“Amore sul tetto del mondo”).

Si conferma anche quest’anno l’attenzione per l’animazione, con una vetrina fuori concorso dove trova posto, accanto a molti esordienti, anche il nome – già noto agli appassionati – del bulgaro Andrey Tsvetkov con il suo nuovo “Metamorphosis”, versione contemporanea del mito di Icaro ma anche riflessione su come una persona può essere schiacciata da un regime politico.

 

 

Un frame del film di animazione “Metamorphosis”. del regista bulgaro Andrey Tsvetkov

 

Promossa in collaborazione con Sky Arte, che premierà uno dei film della sezione attraverso l’acquisizione e la diffusione sul canale, TriesteFF Art&Sound propone quest’anno cinque titoli che esplorano i più diversi ambiti artistici: “Arventur”, nuovo film dell’originale regista d’animazione russa Irina Evteeva, è una riflessione in due episodi sulla complessa relazione tra realtà e illusione; dalla Russia arriva anche “Muzej Revolucija”(“Museo Rivoluzione”), di Natalija Babinceva, straordinario documento sugli eventi accaduti in Ucraina attraverso il punto di vista della produzione artistica. “Erich Lessing: der fotograf vor der kamera”(“Il fotografo davanti alla macchina da presa”) di Tizza Covi e Rainer Frimmel – già autori de “La Pivellina” – è un ritratto di Erich Lessing, membro della leggendaria agenzia fotografica Magnum e foto-giornalista tra i più importanti del dopoguerra, che col suo lavoro ha documentato pagine fondamentali del XX secolo come la Rivoluzione ungherese; un altro genio della fotografia, anche se grandemente misconosciuto, è al centro di “Meistras ir tatjana”(“Il Maestro e Tatjana”), di Giedrė Žickytė,sulla storia del lituano Vitas Luckus, forse il maggior  fotografo di tutta l'ex Unione Sovietica; l’austriaco “For my sisters”, di Stephanus Domanig,è invece un viaggio cinematografico nel jazz, con una guida affascinante, la cantante Carole Alston, e le sue icone: Alberta Hunter, Sarah Vaughan e Nina Simone.

 

Nella sezione Sorprese di genere, anche quest’anno, si va alla scoperta del cinema più “popolare”, che si confronta col grande pubblico (e con i codici, appunto, dei generi cinematografici: dalla commedia nera al “procedural drama”, passando per l’horror) senza dimenticare qualità e ricerca formale:  come dimostra il nuovo film di uno dei nomi di punta del cinema greco contemporaneo, Athina Rachel Tsangari, che in “Chevalier”costruisce un gioco al massacro tra sei uomini in barca nel mezzo dell’Egeo. Aule giudiziarie, “legal thriller” e fantasmi del passato accomunano il rumeno “De ce eu?”(“Perché io?”), di Tudor Giurgiu, su un giovane e ambizioso procuratore alle prese con il caso delicato di un vecchio collega accusato di corruzione, e il bulgaro “The prosecutor, the defender, the father and his son”,di Iglika Triffonova, ispirato alla storia vera di due avvocati che si affrontano presso il Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia (L’Aja) nel processo a Milorad Krstić, accusato per  crimini di guerra in Bosnia. Toni da commedia, invece, nel russo “Strana Oz”(“Nella terra di Oz”), di Vasilij Sigarev, una storia di Capodanno ironica ed eccentrica piena di eventi incredibili e incontri inaspettati, e in “Šiška deluxe”, ritorno a Trieste dello sloveno Jan Cvitkovič, che mette tre amici e uno sgangherato locale di Lubiana al centro di un film che – spiega il regista – «volevo fosse divertente da scrivere, da girare e da vedere». Per finire, uno straordinario horror che è stato purtroppo il testamento di uno dei giovani talenti più promettenti del cinema polacco, Marcin Wrona, scomparso prematuramente pochi mesi fa: il suo “Demon” è una intensa rivisitazione della leggenda ebraica del “dybbuk”, con uno sposo posseduto da uno spirito durante la celebrazione del proprio matrimonio.

 

 

Un fotogramma di “Istnienie” (“Esistenza), del regista polacco Maciej-Tomaszek

 

Due i focus nazionali di quest’anno, dedicati a Polonia e Romania, che attraversano il programma di quest’anno, toccando anche le altre sezioni.

“La doppia vita del cinema polacco” offre, oltre al citato ricordo di Krzysztof Kieślowski, l’ultimo lavoro di Jerzy Skolimowski, “11 minut”(“11 minutes / 11 minuti”), sorprendente e adrenalinico spaccato corale della vita di alcuni abitanti di una metropoli dei giorni nostri, e un omaggio in 7 film al documentarista Marcin Koszałka, quest’anno al festival anche con il suo primo lungometraggio di finzione (“The Red Spider”, in concorso) e protagonista di una masterclass.

 

 

Un’immagine tratta da “Aferim!”, del regista romeno Radu Jude

 

“Nuovo cinema rumeno tra favola e realtà” fa invece il punto sul cinema rumeno contemporaneo, che, grazie agli autori delle nuove generazioni, ha fatto parlare nell'ultimo decennio di una sorta di “nouvelle vague” consacrata dalla partecipazione ai maggiori festival internazionali e dalla vittoria nel 2007 di una storica “Palma d'Oro” (“4 mesi 3 settimane 2 giorni”, di Cristian Mungiu). Il 2015 ha visto attivi – e spesso premiati – molti degli alfieri di questa stagione fortunata, come dimostrano i titoli in programma a Trieste: “Aferim!”, di Radu Jude, western storico in b/n ambientato nella Romania del XIX secolo, dove il poliziotto Costandin e suo figlio danno la caccia a uno schiavo fuggito dal suo padrone; “Box”, di Florin Şerban, che racconta l’incontro tra un pugile e un’attrice accomunati dallo stesso disperato bisogno di mettersi alla prova; “Comoara” (“Il tesoro”), di Corneliu Porumboiu, delicata commedia nera premiata a Cannes in cui l’amore di un padre per il figlio trasforma in favola un’improbabile caccia al tesoro; e “Un etaj mai jos”(“Un piano sotto”), di Radu Muntean, l’incubo condominiale di un cinquantenne che assiste a un litigio domestico che finisce in omicidio.

 

 

Un’immagine del film “Mustang”, della regista turco-francese Deniz Gamze Ergüven

 

Per il secondo anno, il Trieste Film Festival ospita le proiezioni dei film del “Lux Prize”, il premio istituito nel 2007, a 50 anni dal Trattato di Roma, e assegnato ogni anno dal Parlamento Europeo a un film di produzione europea. Gli 87mila euro assegnati al lungometraggio vincitore sono destinati a sottotitolarlo nelle 23 lingue ufficiali dell'Unione Europea e produrne una copia in pellicola per ogni Stato membro.

Sarà possibile vedere al festival il vincitore del Lux Prize di quest’anno, “Mustang”, di Deniz Gamze Ergüven (candidato francese all’Oscar), “Mediterranea”, dell’italo-americano Jonas Carpignano (premiato di recente come “miglior esordio” dal National Board of Review), il documentario rumeno “Toto si surorile lui”(“Toto e le sue sorelle”), di Alexander Nanau e, gradito ritorno, il bulgaro “Urok”(“Scuola di vita”), di Kristina Grozeva e Petar Valchanov, già in concorso lo scorso anno al Trieste Film Festival.

Sempre a proposito di Lux Prize, da segnalare anche la proiezione del pluripremiato film di László Nemes “Saul Fia” (“Il figlio di Saul”), vincitore del “Gran Premio della Giuria”all'ultimo“Festival di Cannes”e del“Golden Globe” come “Miglior Film Straniero”. Candidato ungherese all’Oscar, Proiettato o in programmazione in circa 80 Paesi, secondo il regista,  “Saul fia” «dovrebbe essere visto da ogni adolescente, non per riempire le sale, ma a causa della mancanza di empatia di molti di loro».

Il film sarà presentato mercoledì 20 gennaio al cinema Ariston, alla presenza del protagonista Géza Röhrig, in Italia per promuovere il film, in uscita il 21 gennaio distribuito da “Teodora Film”.

 

 

Un fotogramma di “Banat – il viaggio”, del cineasta italiano Adriano Valerio

 

Confermata anche la formula del Premio Corso Salani, che presenta cinque film italiani completati nel corso del 2015 e ancora in attesa di una distribuzione italiana e internazionale: la dotazione del Premio (2mila euro) va intesa quindi come incentivo alla diffusione nelle sale del film vincitore. Immutato il profilo della selezione: opere indipendenti, non inquadrabili facilmente in generi o formati e per questo innovative, nello spirito del cinema di Salani. I titoli: “Banat – il viaggio”, di Adriano Valerio,presentato alla 30. Settimana Internazionale della Critica, che racconta la storia di due giovani costretti dalla mancanza di opportunità a emigrare in Romania; “Dal ritorno”, di Giovanni Cioni, storia di Silvano Lippi, soldato italiano in Grecia fatto prigioniero nel 1943 dai tedeschi e deportato a Mauthausen; “La mia casa e i miei coinquilini” (“IL LUNGO VIAGGIO DI JOYCE LUSSU”), di Marcella Piccinini, ritratto in anteprima assoluta di Joyce Lussu, tra fronti e frontiere, antifascismo militante e lotta anticolonialista, anche attraverso suggestivi materiali d’archivio, una “storica” intervista di Marco Bellocchio e la voce di Maya Sansa; “I ricordi del fiume”,di Gianluca e Massimiliano De Serio, nella nuova versione di 96 minuti, un documentario sul Platz, la più grande baraccopoli d’Europa, in cui vivevano fino alla fine del 2014 oltre mille persone di diverse nazionalità, situata sugli argini del fiume Stura a Torino; altra anteprima assoluta è quella di “Senza di voi”, di Chiara Cremaschi, autobiografico ritratto di una generazione – quella nata negli anni ’70 – per cui «partire non è una fuga, significa non arrendersi».

Giunto alla 6. edizione, When East Meets West è un forum nato con l’obiettivo di riunire ogni anno professionisti provenienti da Italia, Europa dell’Est e da una nuova area geografica diversa di anno in anno. L’edizione 2016 dedica un focus speciale a Spagna, Portogallo ed America Latina estendendosi nuovamente oltre i confini europei. WEMW riunirà per il sesto anno consecutivo numerosi professionisti dell’audiovisivo – la scorsa edizione ha visto più di 300 decision maker internazionali e professionisti accreditati. I 22 produttori selezionati per il pitching avranno la possibilità di presentare i propri progetti di fronte ad un pubblico internazionale di addetti al settore e di fissare appuntamenti individuali con ognuno di loro. Oltre al forum di co-produzione, When East Meets West 2016 include una serie di altre iniziative: Last Stop Trieste, la sezione work in progress per documentari; “First Cut Lab”, un workshop per lungometraggi di fiction, provenienti dall’Italia e dall’Europa dell’Est,in fase di montaggio, la think-tank platform “#FEEDback”, fino ad un ricco programma con panels e case studies dedicati alle opportunità di coproduzione con la regione in focus e tante altre opportunità di networking.

When East Meets West è organizzato dal “Fondo Regionale per l’Audiovisivo” del Friuli Venezia Giulia assieme a Trieste Film Festival, in collaborazione con EAVE, Maia workshops, Creative Europe Desk Italia MEDIA, Eurimages e con il sostegno di MEDIA Programme, Direzione Generale per il CinemaMiBACT, CEI (Central European Initiative) e Regione Autonoma del Friuli Venezia Giulia.

 

 

Un fototogramma di “Krš” (“Karst / Carso”), del regista serbo Vladimir Todorović

 

Da segnalare inoltre Born in Trieste, sezione del festival – aperta quindi al pubblico – dedicata ai film che proprio al When East Meets West hanno iniziato il loro (fortunato) percorso produttivo: in programma quest’anno “Četiri Pasoša”(“Four Passports / Quattro passaporti”), di Mihajlo Jevtić, documentario autobiografico – con brillanti inserti animati – sui sogni di un bambino in Jugoslavia e sulla realtà di essere adulto in Serbia; “Krš”(“Karst / Carso”) di Vladimir Todorović, storia di un diplomatico italiano che ha scelto un inaccessibile ma spettacolare angolo del Carso montenegrino per costruire la casa dei suoi sogni; e “Reményvasút”(“Train to Adulthood / Un treno per diventare adulti”), di Klára Trencsényi, vincitore al Festival di Lipsia, racconto di formazione su tre ragazzini che trovano un modo per evadere dalle drammatiche condizioni della loro vita attraverso la “ferrovia dei bambini” creata a Budapest nel dopoguerra.

 

Per il terzo anno torna Eastweek, il workshop internazionale di sceneggiatura dedicato allo sviluppo di soggetti cinematografici, nato dalla collaborazione tra Alpe Adria Cinema, che rende possibile l’organizzazione del workshop, e il PremioInternazionale per la Sceneggiatura Mattador dedicato a Matteo Caenazzo, che ha nei percorsi formativi per lo storytelling la sua identità nativa, Il workshop, dedicato esclusivamente a progetti per soggetti cinematografici, è un evento che cresce e ci auguriamo crescerà ancora grazie al sostegno dell’InCEIniziativa Centro Europea (CEI) e dell’Associazione Culturale Premio Mattador, e grazie alle numerose partnership come quella con MAIA Workshops e con Midpoint Central European Script Center di Praga. È infatti anche attraverso queste collaborazioni che il soggetto vincitore di “Eastweek della passata edizione, “Midnight Train”,di Ana Jakimska, ha raggiunto la sua fase di pre-produzione ed è stato invitato a WEMW 2016, compiendo così un circolo virtuoso che dalla scrittura per soggetto giunge alla fase di produzione vera e propria. “Eastweek” è aperto a tutti i diplomati e studenti delle scuole di cinema dell’Europa centro orientale e ai finalisti per il miglior soggetto del Premio Mattador, che vedranno in “Eastweek” culminare il proprio percorso formativo con la premiazione del “Miglior soggetto”, promosso dalla Provincia di Trieste.

 I materiali stampa del festival sono disponibili sul sito www.triestefilmfestival.it