NIETZSCHE, TRA DIONISO E APOLLO

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NIETZSCHE, TRA DIONISO E APOLLO

 

 

 Teatro Palladium, 

Piazza Bartolomeo Romano, 8,

00154 - Roma 

        di Federica Bassetti

 

Erano fratelli, figli dello stesso Dio padre, uno biondo, l’altro scuro, uno poetico, l’altro musico, così potenti entrambi e così distanti l’uno dall’altro da avere ciascuno per diritto solo metà del giorno ed esser chiamati a fornire alla Grecia arcaica, l’oltremondano misterico culto della tragedia. Chi scegliere tra i due? Chi omaggiare con più devozione? Un giovane filosofo tedesco dell’Ottocento, partito dalla filologia e da studi precoci e rapidi come l’avanzata di Apollo lungo la scia del sole, si accorgeva proprio della mancanza di Eros accanto a Logos e ne denunciava l’onta, immolando se stesso nel fiore degli anni alla religione boschiva e sin troppo rimossa di Dioniso, trasformato dai cristiani in demonio.

 Lui, diversi anni dopo avrebbe persino denunciato, con satiresco acume critico, la scoperta dei due principi creativi, dei due fratelli potenti ed interiori, insomma dei due archetipi divini che anche Schiller aveva già cantato in poetiche liriche, come incerta però, fors’anche azzardata così come era stata resa nella sua prima opera. Eppure anche in quella famosa autocritica che Nietzsche - allergico ai critici e alla loro socratica funzione di valutatori apollinei - avanzava alla sua prima opera, si avvertiva ancora una volta - e lo avvertiva il Nietzsche maturo che ammoniva il giovane se stesso - proprio  la presenza ossessiva e musicale di Dioniso, cacciato dal palco tragico troppo presto. Si nascondeva sotto il cappuccio del dotto, il giovane Nietzsche degli esordi, che offriva le sue intuizioni sin troppo lampanti e rischiose alla civiltà dei benpensanti, dei saggi e degli studiosi del tempo, bruciandosi con quella uscita antisocratica, imperdonabile impresa sovversiva che mai gli fu perdonata.

 

 

Ritratto di Friedrich Nietzsche

 

E persino per noi e per la nostra contemporanea seppur livellata fiducia nella comune logica, venire a sapere che la visione solita della Grecia è sbagliata, che Socrate, martire del libero pensiero, può esser additato come colpevole di una caduta irreparabile, che Apollo non può che essere servo di Dioniso se vuole produrre vitalità, che Platone ha distrutto la poesia chiudendo gli eroi tragici nei dialoghi e che l’educazione teoretica è pericolosa, persino per noi, è strano, faticoso e compromettente. Perché trasvaluta, perché sposta la prospettiva sulla cultura occidentale, che all’improvviso cambia come cambiava per Friedrich Nietzsche, ventottenne con la sua La nascita della tragedia dallo spirito della musica. Ed ogni opera fu scandalo e dono allo stesso tempo, come Aurora, come La gaia Scienza, come Zarathustra, ma soprattutto come il genere aforistico, che tanto poco ai saggi, ai trattati ottocenteschi assomiglia.

Raro quel che è accaduto al teatro Palladium di Roma, martedì 27 ottobre, dove Nietzsche ha fatto irruzione in veste di poeta, con i ditirambi di Dioniso, poesie-non poesie dal fiato corto e dalla lunga vita nell’ascolto. Raro e coraggioso presentare oggi la filosofia sul palco tra voce accademica e voce d’attore, come ha voluto la regista Irma Palazzo, che ha messo in scena Cosimo Cinieri in una appassionata e fluida lettura di testi e di versi nietzschiani; Lucio Saviani, filosofo insegnante in veste di lettore rapsodo moderno; con la musica diDomenico Virgili eGiuseppe Frana e la danza di Salua, forse riecheggiante il mistero di Arianna e del labirinto, che è Nietzsche stesso, tessitore di enigmi, sapientissimo ragno, avvolto su se stesso.

È possibile, allora, chiedersi se non sia proprio la suggestione teatrale ad aiutare in certi casi concetti e parole e che non sia più valido l’invito sul palcoscenico di attori, maschere, voci per raccontare il pensiero dell’uomo. Ed è doveroso chiederlo proprio a Lucio Saviani, il filosofo protagonista insieme a Cinieri della performance dedicata a Nietzsche tra Apollo e Dioniso, che insegna Estetica alla facoltà di Architettura a Roma e Storia della filosofia in un liceo classico.

 

 

Il filosofo Lucio Saviani

 

FB: «Professor Saviani, una bella impresa questa, forse anomala. È possibile che proprio Nietzsche, l’eterno frainteso, sia più digeribile a teatro? Oppure secondo lei la lettura delle opere resta comunque l’esperienza autentica?»

LS: «Il teatro può essere un ponte in questo senso, può liberare la filosofia e anche lo stesso Nietzsche da una visione intellettualistica, rendendo poesia e filosofia vive e fruibili all’esterno. La lettura di Nietzsche invece è un’altra cosa, bisogna essere pronti ad entrare in un’altra dimensione quando si ha a che fare con le sue opere».

FB: «Questo forse è ciò che poco si perdona ad un autore come lui. Di esser stato così diverso. Le sue opere non sono saggi, né romanzi, non sono sistematiche ma restano dentro. Sul palco lei ha nominato Eraclito, l’oscuro al quale il Nietzsche eternamente frainteso era molto legato. Insomma Professore, è possibile che il vero pensiero debba arrivarci sempre velato?».

LS: «Deve esserlo sì, immancabilmente. È un destino. Se fosse sempre tutto lucido e lampante, la nostra ragione vacillerebbe, non ce la farebbe a districare il labirinto. Si deve anche pensare che abbiamo a che fare con un filosofo considerato tale solo a metà del Novecento, sfruttato dalla destra e dalla sinistra e poi finalmente approdato alla critica filosofica più netta. Quindi, Nietzsche fu per molto tempo incompreso e frainteso, ma oggi posso dire e credo che proprio la inattualità del pensiero nietzschiano può essere la chiave per interpretare il presente».

FB: «Ancora oggi ci sono fraintendimenti grandi intorno alla figura e alle opere di questo filosofo …».

LS: «E’ vero e dipende dall’ignoranza e dai pregiudizi storici che ancora resistono, liberarsene è difficile come rivelare aspetti di Nietzsche che pochi sanno. Il suo amore, la sua attenzione per il gioco per esempio».

FB: «Nietzsche diceva anche che la vita non è una cosa seria e che bisognava ridere di più. Insomma, o uomini della conoscenza imparatemi a ridere!».

LS: «Eh già, proprio così, anche se non dobbiamo confondere l’idea del gioco che ha Nietzsche con la risata, la leggerezza, la capacità di non essere seri e definitivi nella ricerca. Il gioco è una cosa serissima invece. L’uomo è maturo, diceva Nietzsche, quando ritrova la serietà che impiega il bambino nel gioco».

FB: «E’ proprio così, come l’immagine che ricordava proprio lei a teatro, l’immagine del “bimbo di Eraclito”, che costruisce con la sabbia dorata il suo castello e poi lo butta giù ridendo».

LS: «Quello è il gioco del divenire, il gioco del mondo, l’innocenza del giorno. Peccato che chi è stato chiamato il filosofo del nazismo sia stato invece così vicino all’ingenuità dell’uomo e che questo si faccia ancora fatica a dirlo. Nietzsche ha anticipato dei cambiamenti epocali e lo ha fatto nel profondo. Come il gioco che in lui è abissale vuoto di senso, dove ogni volta si ricostruisce daccapo il mondo».

FB: «C’è un’ombra che intravede Nietzsche, all’inizio dello Zarathustra, l’ombra dell’uomo comune, un’enorme cantina piena di valori compressi e sacrificati, grande, oscura e potente come un drago. Quella era anche l’ombra futura del nazismo e l’ombra di oggi …».

LS: «L’ombra di oggi è terribile e si nasconde dietro alla facile effimera condivisione che ci offre il sistema multimediatico e che sta diventando conformismo».

FB: «E il conformismo genera altra ombra … ed ecco i versi di Nietzsche e le sue accuse più gravi al livellamento globale e al regno delle illusioni, il teatro, acquista valore tra giochi e  creazioni vive e continue, senza il rischio che un solo concetto e una sola parola si faccia feticcio. Mi viene in mente  lo Zarathustra adesso, così pericoloso, così frainteso, come diceva Jung nel suo famoso seminario, forse un  libro così non andava pubblicato».

LS: «E’ un libro per tutti e per nessuno, e questo è sufficiente a spiegarne la natura. Bisogna entrare nell’opera come se si compisse un viaggio, e, allora, si apre un’altra dimensione e allora Nietzsche ci porta a teatro con le parole, un teatro musicale».