LA SCOPERTA DI DORA

LA SCOPERTA DI DORA

 

 

L’artista bergamasca Dora Brienza

 

    di Ivan Battista         

                                                                                   «Non si vede bene che col cuore.

                                                                                L’essenziale è invisibile agli occhi.»

                                                                                           Il piccolo principe

                                                                                        Antoine de Saint Exupéry

 

    Nel 1922 Carl Gustav Jung, in Psicologia analitica e arte poetica, scriveva che l’opera dell’artista è un’attività psicologica o un’attività umana dovuta a motivi psicologici e perciò è e deve essere sottoposta all’analisi psicologica.  Il grande psichiatra svizzero era anche uso ripetere che nulla avviene per caso. Incontro Dora Brienza, una pittrice di straordinario talento, “per caso”, frequentando una chat line nell’ambito di un web magazine, Il terzo occhio, gestito da una cara collega siciliana.

 

I “fantasmi”  della nostra mente, a volte, si materializzano all’improvviso, quando meno ce lo aspettiamo e vanno a colmare un vuoto ( in questo caso estetico/artistico)  che non attendeva altro per esserlo. A due persone che hanno sensibilità e aspetti psichici profondi comuni basta pochissimo per “riconoscersi” e così è stato per me con la Brienza. Mi è stato sufficiente osservare alcuni dei suoi quadri e leggere alcune delle sue righe per comprendere quanto talento artistico ci fosse nella sua personalità.

 

Un’altra immagine dell’artista Dora Brienza

 

Chi non ha talento insegna, recita un vecchio adagio. Ecco, Dora non ha intenzione di insegnare nulla. Lei si esprime attraverso una tecnica pittorica complessa e al contempo immediata che integra interiorità ed esteriorità , inconscio e razionalità. È così che giunge a realizzare la sua creatività. Questa completezza d’integrazione fonda la sua sorgente energetica principale che la sostiene e la fa essere una personalità artistica di genio. L’opera artistica di Dora Brienza è l’esempio chiarificatore di come nell’irrazionale, nell’inconscio, nella divergenza, e anche nell’anomalia, esistono potenzialità che, se assimilate al meglio, possono avere implicazioni fondamentali nella ricerca e nell’espressione estetico/artistica.  

 

 

Lacerazione

Tecnica: resina, trucioli di ferro, smalto.

Misura: 70x90

 

Non mi addentro in specifiche analisi critiche dell’arte e della sua “bellezza”: le lascio responsabilmente, quali oggetto di studio, agli esperti del settore. Mi sento competente, invece, nell’esprimere un’analisi psicologica del processo della creazione artistica della Brienza in quanto attività psicologica e attività umana dovuta a motivi psicologici poiché, come sostenuto in apertura d’articolo, rientra nel mio campo d’azione professionale.

 

 

Luce e ombra

Tecnica: olio e trucioli di legno.

Misura: 70x90

 

Quando mi sono soffermato ad osservare con attenzione i quadri di Dora, sono stato catturato dall’aperto e dal chiuso delle sue linee tumultuose e dei suoi colori accesi, drammatici e, al contempo, languidi. Mi sono accorto subito che il combustibile  predominante del suo operato artistico è contenuto in una insoddisfazione di fondo, probabilmente dovuta ad una ferita primaria, proveniente dal suo passato cui ha girato sofferentemente ed egodifensivisticamente le spalle. La tormentata nostalgia d’amore che sgorga da questa sua scelta, proviene da un baratro esistenziale inconscio dove la pittrice di sicuro ha fatto sprofondare esperienze d’imprinting affettivo molto dolorose. È lì che Brienza rintraccia le immagini archetipiche in grado di riequilibrare, nel modo più sano, le carenze e il vuoto d’amore della sua vita.

 

 

La scala:
Misura 50x100

 

Con la sua sensibilità fuori del comune e con le sue tenere mani d’artista Dora Brienza crea opere d’arte cui affida un messaggio di eccezionale importanza per chiunque abbia la sensibilità e la cultura sufficienti per poterlo ricevere. Le mani nere rivolte verso l’alto sopra e dentro una scala rosso sangue, l’arlecchino multicolore  avvolto da linee corvine arzigogolate e confuse intervallata da macchie scure ed inquietanti, i piani materici e sbruffati su cui si spandono i colori più o meno saturi che ricordano le vedute telescopiche della nostra galassia, piani feriti da linee dritte e arrotondate di rosso cinabro a volte a forma di civetta a volte di semplice taglio che sanguina,  ci parlano prima sussurrando e poi gridando. Questa alternanza tra “sussurri e grida”  arresta subito la nostra attenzione di esseri emotivi quando siamo di fronte ai suoi dipinti, procurandoci immediatamente una vertigine estetica. La risposta isomorfica ai dipinti della Brienza è inevitabile e, necessariamente, soggettiva. Non dico che potrebbero essere assimilate alle macchie del test psicoproiettivo di Rorschach, ma come esse lasciano libertà di interpretazione. Allora, ognuno potrà “vedere col cuore”,  riflesse nei dipinti d’espressionismo astratto dell’artista, le sue tematiche più nucleari. I più risolti non proveranno angoscia né timore di fronte a “tele” effettivamente toccanti e “sovversive” , i meno equilibrati potrebbero essere turbati da un messaggio che sicuramente si esprime a “tinte forti”.

 

 

La civetta

Tecnica: resina, ferro, smalto.

Misura: 60x60

 

Comunque sia, non si passa “indenni” attraverso l’esperienza visiva dei quadri di Dora perché, che lo si vorrà o no, la sua arte ci scuoterà e non per punirci con il dolore psichico o per infliggerci momenti di smarrimento regressivo, ma per donarci con slancio oblativo e curativo tutto il meraviglioso stupore che lei stessa è riuscita a provare all’atto delle sue sbalorditive creazioni.

 

 

Arlecchino

Tecnica: smalto e olio

Misura: 50x80

 

Come a tutti gli artisti di genio, dobbiamo a Dora Brienza, artista di genio anche lei, tutta la nostra considerazione, tutto il nostro rispetto e tutta la nostra riconoscenza di esseri umani.