VIOLENZA ALLE DONNE

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VIOLENZA ALLE DONNE

 

 

Il ratto delle Sabine (Gianbologna, 1583)

 

 

di Ivan Battista

 

L’azione di violenza ad una donna si predispone molto prima della sua messa in atto. Colpire una donna da parte di un maschio è deprecabile e inaccettabile e ha radici che affondano in un altro tipo di situazione negativa. In genere, chi adopera la violenza contro l’abbandono sentimentale o contro una critica più o meno pesante da parte della propria partner è una persona che è stata poco amata in età primaria e poco educata al rispetto dell’amore che l’altro porta o che può togliere. La cultura maschilista del possesso della femmina è l’humus fertile dove germogliano gli atti di violenza più feroci rivolti alle donne. Quando poi quest’azione è giustificata col ragionamento che l’uomo che colpisce lo fa perché innamorato o per amore cieco, che gli ha fatto perdere la testa, siamo innanzi ad una cultura dell’amore e dell’educazione al sentimento del tutto carente.

 

 

Marte e Rea Silvia (Peter Paul Rubens, 1616/1617)

 

La violenza esclude l’amore, nessuna violenza può essere giustificata dall’amore.  Tutto l’investimento pedagogico ed educativo nella nostra organizzazione sociale si rivolge alla prima metà della vita. Nella seconda, quella in assoluto più difficile, siamo abbandonati a noi stessi. Non ci sono molte istituzioni od organizzazioni volti all’educazione sentimentale continua dell’adulto. Sono anni che propongo e insegno l’educazione al sentimento e le dinamiche della coppia, analizzandole sia sotto l’aspetto “normale” sia sotto quello patologico. Quindi, so per esperienza sia umana sia professionale che parlare di dinamiche amorose, di quelle che uniscono o dividono i partner, non è affatto facile poiché non esistono un decalogo e regole certe che aiutino ad affrontare i momenti difficili e pericolosi che il confronto tra i generi sessuali comporta.

Secondo Erich Neumann (1963), uno dei più formidabili collaboratori di C.G. Jung, la psicologia maschile è più fragile rispetto a quella femminile in tema di abbandono affettivo. Neumann sostiene che mentre la femmina, durante il periodo dell’identificazione sessuale e di genere, resta, bene o male, nell’elemento materno, il maschio è espulso dalla gravità attrattiva del pianeta madre e deve dirigersi verso la figura paterna. Questo strappo, questa “perdita” procura nella psiche primaria del bambino un vuoto, una “sofferenza di base” che potremmo definire, con un termine preso in prestito da Michael Balint “basic fault”, “difetto fondamentale” (Balint, M., 1968). Quando, in futuro, il maschio dovrà misurarsi con l’abbandono affettivo, la sua risposta sarà tanto più devastante quanto più grave sarà stata la sua deprivazione o la sua esperienza di perdita dell’amore primario. Nei casi più severi, l’Io, la parte razionale della struttura psichica è improvvisamente  “allagata” dall’ondata dell’Es, la componente più inconscia che arriva senza che il benché  minimo “ostacolo” razionale possa contenerla. L’Io si sgretola e va letteralmente in pezzi sotto la pressione improvvisa dell’inconscio che riporta velocemente alla psiche il dolore dei momenti primari, anche se in modo non cognitivamente molto comprensibile.

La cultura patriarcale del controllo delle femmine, intesa quale garanzia della prosecuzione dei propri geni, compie il resto. Chi è stato educato a considerare le compagne come cose di proprietà assoluta, non accetterà la perdita del loro controllo, specie se la perdita deriva da una azione emancipatrice messa in atto dalla compagna stessa. Il “possedere” il femminile conferisce al maschio della cultura patriarcale identità e potere. Senza queste due cose, l’uomo patriarcale va in crisi profonda, che si trasforma in violenza da opporre alla presunta “violenza” percepita della perdita dell’identità e del potere che si pongono alla base stessa del senso della sua esistenza. L’azione educativa al sentimento deve mettere in evidenza il fatto che nessuno appartiene a nessuno nella vita e tanto meno nelle relazioni d’amore. Il vero amore prevede una scelta libera più o meno consapevole dello stare insieme da parte dei componenti la coppia e non può essere costretto da alcunché.

L’amore non si fa comandare. Capire cosa sia l’innamoramento e come agisce sulle nostre psicologie è molto importante così come comprendere che differenza c’è tra l’innamoramento e la relazione d’amore. Molte persone, però, procedono nella vita convinte di aver imparato tutto sull’amore solo per le esperienze che hanno fatto. Non è così. Le dinamiche d’amore sono quanto di più complesso esista da studiare in psicologia e non solo quelle diciamo così “normali”, ma anche e soprattutto quelle patologiche.

Torniamo alla violenza portata alle donne. La più frequente è quella sessuale. Il cosiddetto stupro è un’azione vigliacca che distrugge l’integrità sia fisica, sia psicologica, sia sociale di una donna. Le implicazioni sono gravissime. Il trauma della violenza sarà molto difficile da abreagire e avrà bisogno, possibilmente, di un aiuto professionale molto elevato. Inoltre, occorre ricordare che violenza sessuale è anche:

a)   Imposizione di pratiche sessuali indesiderate;

b)   Rapporti che facciano male fisicamente o psicologicamente sotto minaccia di varia natura[1].

 

E’ fondamentale tenere ben presente che l’imposizione sessuale o di una intimità non voluta è un crimine  di umiliazione, di sopraffazione e di soggiogazione che procura in colei che subisce profonde ferite psicofisiche.

 I tempi e i modi di superamento della ferita inferta dalla violenza non ha tempi certi per tutte le donne e ogni donna avrà un suo modo individuale di superare l’evento traumatico. L’atto di violenza sessuale compromette la stabilità e il processo di continuità psicofisica della donna  e la consegna ad uno stato deficitario e di grande debolezza e vulnerabilità. La violenza, però, non è solo sessuale, è anche fisica (all’interno della quale s’inserisce quella sessuale), quando vede la volontà di far del male al corpo della vittima e di spaventarla. La violenza fisica è la più facilmente riconoscibile. L’abbiamo quando si verificano:

a)   lancio d’oggetti;

b)   spintonamenti;

c)   schiaffi;

d)   morsi, calci e pugni;

e)   colpi portati con un oggetto contundente;

f)    percosse;

g)   soffocamento, strangolamento;

h)   minaccia con arma da fuoco o da taglio;

i)     uso d’arma da fuoco o da taglio[2].

 

 Annoveriamo, poi, la violenza psicologica, che possiede un elevato potere distruttivo poiché si nutre di sottili dinamiche nelle quali pensiamo, erroneamente, sia presente comunque l’amore. La violenza psicologica si distingue quando riscontriamo:

a)   attacchi verbali quali la derisione, la molestia portata con frasi offensive, l’insulto, che vogliono creare nella mente della donna la convinzione di non possedere alcun valore, in modo da poterla controllare meglio;

b)   la volontà di isolare e separare la donna dalle sue relazioni sociali amicali o lavorative;

c)   la gelosia ossessiva e compulsiva che volge ad un controllo eccessivo delle azioni e delle frequentazioni della donna e che annovera accuse eccessive e ingiustificate di presunte infedeltà;

d)   minacce verbali di abuso, aggressione o, addirittura, di tortura volte alla donna e alla sua famiglia e a tutte le persone che le sono care;

e)   intimidazioni  frequenti di abbandono, divorzio, di inizio di un’altra relazione con un’altra donna se la “compagna” non si adatta ad appagare certe “particolari” richieste;

f)    rottura e devastazione degli oggetti di proprietà della donna;

g)   violenza agli animali curati e facenti parte della vita affettiva della donna;

(fonte: Regione Lazio, Assessorato alle politiche sociali e allo sport)[3].

 

Infine, abbiamo la violenza economica che punta a rendere subordinata la donna ed è la più difficile da riconoscere.

La violenza economica si evince quando c’è la volontà di:

 

a) limitare o negare l’accesso alle finanze familiari;

b) occultare la situazione patrimoniale e le disponibilità finanziarie della famiglia;

c) vietare, ostacolare o boicottare il lavoro fuori casa della donna;

d) non adempiere ai doveri di mantenimento stabiliti dalla legge;

e) sfruttare la donna come forza lavoro nell’azienda familiare senza dare in cambio alcun tipo di retribuzione;

f) appropriarsi dei risparmi del lavoro della donna e usarli a proprio vantaggio;

g) attuare ogni forma di tutela giuridica ad esclusivo vantaggio  personale e a danno della donna (ad esempio: intestazione di immobili);

h) indebitare la donna ad esclusivo vantaggio personale dell’uomo[4].

 

Nella nostra società, ancora molto maschilista, può apparire giusto e atteso che la gestione della finanze all’interno della coppia o della famiglia sia delegata all’uomo. Non dovrebbe essere così. Anche la cosiddetta casalinga deve avere dei diritti di accesso alla gestione delle economie famigliari altrimenti si può verificare che l’uomo circoscriva l’accesso al cibo, ai vestiti, alle cure sanitarie o addirittura chiuda la possibilità d’accesso al lavoro della donna quando si verifichi l’opportunità di poterne acquisirne uno. Il controllo, in questo caso, sarà indiretto, ma molto attivo e conveniente per l’uomo, soprattutto quando la donna decide di allontanarsi dalla relazione di sopraffazione che finalmente considera distruttiva e dannosa per sé.

 

In chiusura, un breve accenno alle unioni di coppia patologiche. Spesso gli operatori dei centri anti violenza alle donne si trovano in una situazione di difficile gestione poiché a seguito di una violenza, capita spesso che la donna, dopo poco, “perdoni”  e riaccolga  il compagno che l’ha maltrattata. C’è da dire che le dinamiche di coppia sono quanto mai “variegate” e spesso si tengono in piedi non per gli aspetti “in luce” delle personalità dei componenti, ma per quelli “in ombra”. Per esempio se una donna è basilarmente abbandonica nella struttura della sua psiche è facile che il suo partner sia tendenzialmente schizoide: una personalità che cambia in continuazione e praticamente “imprendibile”. Se una donna è tendenzialmente masochista è quasi scontato che il compagno avrà delle caratteristiche della personalità di tipo sadico, etc. etc. (Crocetti, G., 1997).

Molti atti violenti contro il gentil sesso purtroppo restano ignoti poiché chi deve denunciarli non lo fa, si isola e non chiede aiuto. Addirittura molte donne credono che le botte che ricevono siano la prova, seppure estrema, dell’assoluto amore che il compagno ha per loro. Non è raro che, una volta ricoverate in ospedale e curate, le signore, raggiunte dal loro “seviziatore”, ripongano la propria mano nelle stesse mani che le hanno violentate poco prima, lasciandosela accarezzare teneramente.  La legge, oggi, corre incontro alle donne che per inconsapevolezza, per ignoranza o per paura non segnalano il misfatto. La denuncia parte automaticamente quando le autorità di polizia prendono atto della violenza, soprattutto nei pronto soccorso dei policlinici. Spetta ad ognuno di noi segnalare un’aggressione o un’azione di violenza specialmente contro le donne, perché tali delitti non appartengono alla sfera del privato, ma sono carico dell’intera comunità e, quindi, delle coscienze di tutti.

 

 

Bibliografia

 

Neumann, E.

  1963       La personalità nascente del bambino, struttura e dinamiche, Red,

                Como, 1991

 

Balint, M.  

  1968       La regressione, Raffello Cortina, Milano, 1990                   

 

 

Crocetti, G., 

   1997      Legami imperfetti, Psicodinamica delle relazioni d’amore,

                Armando Editore, Roma, 1997



[1]Fonte: Regione Lazio, Assessorato alle politiche sociali e allo sport.

[2]Ibid. .

[3] Ibid. .

[4] Ibid. .